Il 2013 si è concluso con una strage.

Un uomo ha ucciso la suocera, alla moglie e alla figlia, quindi ha chiamato le forze dell’ordine per denunciare l’accaduto e poi ha rivolto l’arma contro se stesso.

La ricostruzione del delitto:

L’uomo ha sparato per prima alla suocera, Daria Maccari, 84 anni, mentre dormiva sul divano del soggiorno. Poi ha inseguito la moglie, Letizia Maggio, 54 anni, e la figlia, Giulia, studentessa di 21 anni appena, in cucina, le borse della spesa per il cenone di Capodanno ancora sul pavimento. Le due donne hanno cercato di proteggersi a vicenda: sono morte una accanto all’altra, colpite da cinque proiettili. Solo in quel momento, dopo avere chiamato i carabinieri, ha rivolto la pistola contro se stesso.

Dell’uomo sappiamo che soffriva di depressione. Nessuno si pone la domanda che a me pare la più ovvia, in un caso come questo: come mai un uomo palesemente depresso aveva libero accesso ad un’arma da fuoco?

Non dico che l’assenza di una pistola avrebbe impedito a quest’uomo di fare ciò che aveva deciso di fare, ma certo la sua disponibilità gli ha reso le cose più semplici.

Un’altra riflessione.

Spesso e volentieri vengo accusata di utilizzare questo blog per “criminalizzare l’intero genere maschile”. Se seguite questo link, in calce troverete un mucchio di commenti di uomini arrabbiati per questo motivo.

Molti uomini (e anche molte donne) sono convinti che sia in atto un vero e proprio complotto a livello nazionale per criminalizzare l’uomo in quanto tale:

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Secondo queste teorie, che spesso si avvalgono del termine “misandria” (un atteggiamento psicologico preconcettuale di avversione ed ostilità verso l’uomo), la stampa, colonizzata da femministe prive di scrupoli, darebbe troppo spazio alle notizie di delitti compiuti da uomini, strutturandole in modo da far apparire il maschio come “il cattivo”.

Andiamo a vedere come è stata riportata dalla stampa questa particolare notizia.

imagePrima ancora di raccontarci che cosa è avvenuto, il giornalista ci fornisce un elenco di possibili cause: la perdita del lavoro, una malattia debilitante, la depressione.

La descrizione dell’assassino: Daniele Garattini, disoccupato da ottobre.

Quanti di voi hanno perso il lavoro quest’anno? Molte, moltissime persone. E’ difficile non empatizzare con una situazione che, oggi come oggi, ci tocca dolorosamente tutti da vicino.

Ciò che è accaduto – un uomo ha ucciso tre persone per poi spararsi – non è definito né omicidio-suicidio (che sarebbe la definizione più corretta), né strage (l’uccisione di una pluralità di persone), ma “tragedia familiare“.

Tragedia significa disastro, disgrazia.

La parola “tragedia” occulta la responsalità individuale, quella imputabile a chi aveva in mano in mano l’arma e ha preso la decisione di compiere un atto criminale, e insieme all’aggettivo “familiare” ci dà l’idea di una responsabilità diffusa: un fatto cruento e doloroso avvenuto in seno alla famiglia.

Un’altra definizione che è piaciuta molto alla stampa è “10 minuti di follia”:

imageNonostante la richiesta, mossa da chi di follia se ne intende, di non associare arbitrariamente atti criminali alla malattia mentale (ricordo ancora una volta l’appello dello psichiatra Claudio Mecacci: “Va dunque sfatata la convinzione che vi sia necessariamente una connessione tra malattia mentale e violenza. Attribuire automaticamente gli atti di violenza a persone con disturbi mentali porta ancor più a stigmatizzare queste patologie e coloro che realmente ne soffrono e che si curano”), chi compie un omicidio per i giornalisti rimane sempre e comunque un pazzo.

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L’assassino-suicida era un uomo mite: da dizionario, di persona che ha indole buona, benigna, tollerante, che esprime dolcezza, tolleranza, bontà.

Aveva perso il lavoro ed era molto preoccupato. Era depresso, tutti avevano notato il suo cambiamento di umore. Aveva problemi di salute: l’epatite non gli dava tregua.

La moglie, invece, era tesa.Lei lo aveva conservato, il lavoro, ed era una donna volitiva. Lei aveva voluto costruire il giardinetto davanti a casa: io mi sento portata ad immaginare una donna che imponeva arbitrariamente la sua volontà. E voi?

Madre e figlia erano solidali: “scusa per il papà“. La madre biasima il comportamento del padre con la figlia, alle spalle del poveretto in preda alla depressione.

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Volontario di Save the Children, mite e per bene (ma in Italia si può essere “per bene” e allo stesso tempo compiere i reati più efferati…), aveva perso il lavoro, all’improvviso – un brutto colpo, forse inaspettato, una ingiustizia – ed era caduto in un forte stato depressione. La perdita del lavoro lo costringeva a casa con la suocera malata e il peso dell’assistenza della vecchia signora gravava tutto sulle sue spalle.

Io noto alcuni dettagli:

  • nonostante Daniele Garattini avesse perso il lavoro, la famiglia non versava in difficoltà economiche;
  • Daniele Garattini voleva imporre il coprifuoco alla figlia di 21 anni, colpevole di rimanere troppo a lungo fuori con il fidanzato (definito “fidanzatino“, allo scopo di infantilizzarli entrambi, ma parliamo di ventenni, quindi persone maggiorenni ed in teoria libere di vivere serenamente la loro relazione); si comporterebbe così una persona che ha indole buona, benigna, tollerante, che esprime dolcezza, tolleranza, bontà? (tolleranza: l’atteggiamento di chi rispetta le convinzioni altrui, anche se profondamente diverse da quelle cui egli aderisce);
  • il Garattini  a volte è “profondamente depresso”, altre è affetto da un “lieve cambiamento di umore”, comunque è malato;
  • l’uomo è descritto con aggettivi positivi: mite, per bene, volontario di Save The Children; delle altre vittime sappiamo che una era “tesa”, un’altra malata di alzheimer e un peso per la famiglia, la terza aveva un brutto rapporto con il padre, ma nessuno ci riferisce della loro eventuale bontà;
  • la famiglia viene descritta come “normalissima”.

Secondo voi, quali aspetti della vicenda vengono enfatizzati? Riscontrate anche voi una “criminalizzione del maschio” agita dalla stampa?

Un ringraziamento di cuore a Wild Mauz per gli screenshot sulla notizia della “tragedia” di Collegno.

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