Dall’archivio dei ricordi: questo è Elmer, colorato da me e da mio figlio in un pomeriggio trascorso insieme all’asilo nido che frequentava nel 2004 (l’ho scannerizzato apposta per voi)

imageHo scoperto che la storia dell’elefante Elmer è uno dei libri incriminati,accusato di far parte di una

strategia persecutoria contro la famiglia, un attacco per destrutturare la persona e quindi destrutturare la società e metterla in balia di chi è più forte e ha tutto l’interesse a che la gente sia smarrita.

come ci racconta Un altro genere di comunicazione.

E pensare che a me, le maestre di mio figlio, piacevano tanto!

Quando ci invitarono, tutti noi genitori, a trascorrere un pomeriggio con loro e i bambini, io credevo si trattasse di un delizioso momento di condivisione, invece era un piano malvagio per distruggere le nostre famiglie.

Perché quel pomeriggio leggemmo tutti insieme la storia di Elmer. Questa:

C’era una volta un branco di elefanti. Elefanti giovani, vecchi, alti, grassi e magri. Elefanti come questo, quello e quell’altro, tutti differenti e felici e dello stesso colore. Tutti, all’infuori di Elmer. Elmer era diverso. Elmer era multicolore. Elmer era giallo, arancione, rosso, rosa, porpora, blu, verde, bianco e nero. Elmer non era color elefante.

Era Elmer che intratteneva il branco. Talvolta scherzava con gli altri elefanti, e qualche volta erano gli altri a scherzare con lui. Ma dovunque ci fosse un sorriso, era Elmer che l’aveva acceso.

Una notte Elmer non riuscì ad addormentarsi perché aveva un pensiero sciocco: era stanco di essere diverso.

“Non si è mai sentito di un elefante multicolore!” pensava “Ecco perché tutti mi ridono intorno.”

All’alba, prima che gli altri si svagliassero, Elmer scivolò via.

Gironzolando nella giungla Elmer incontrò molti animali. Tutti dicevano: “Buongiorno Elmer”. E ogni volta Elmer faceva un sorriso e rispondeva: “Buon giorno”.

Dopo una lunga passeggiata Elmer trovò quello che stava cercando: un grande arbusto. Un grande arbusto pieno di bacche color elefante. Elmer afferrò l’arbusto con la proboscide e lo scosse, lo scosse fino a far cadere a terra tutte le bacche. Quando il terreno fu coperto di bacche, Elmer ci si rotolò in mezzo. Poi, con la proboscide multicolore, afferrò grappoli e grappoli di bacche e se li strofinò addosso fino a far sparire ogni traccia di giallo, di arancione, di rosso, di rosa, di porpora, di verde, di blu, di bianco e di nero. E alla fine Elmer sembrava un qualsiasi elefante color elefante.

Elmer si incamminò per tornare al suo branco. E sulla via incontrò molti animali. Questa volta ogni animale disse: “Buongiorno, elefante”. E ogni volta Elmer sorrise dicendo: “Buongiorno”.

Era felice di non essere stato riconosciuto.

Quando Elmer raggiunse il branco tutti gli elefanti dormicchiavano e nessuno si accorse di Elmer che si infilò in mezzo a loro.

Dopo un po’ Elmer si accorse che c’era qualcosa che non andava. Ma cosa? Si guardò in giro: la solita giungla, il solto cielo splendente, le solite nuvole che tornavano di quando in quando e infine i soliti, proprio i soliti elefanti. Elmer li guardò. Gli elefanti se ne stavano fermi fermi. Elmer non li aveva mai visti tanto seri prima di allora. E più guardava quei seri, silenziosi, immobili elefanti, più aveva molta voglia di ridere.

Alla fine non ne poté più. Alzò la proboscide e urlò a perdifiato: BUM! Colti di sorpresa, gli elefanti saltarono in qua e in là, in su e in giù, e caddero da tutte le parti. e videro Elmer che scoppiava dalle risate. “Elmer” dissero “Quello deve essere Elmer” e quindi anche gli altri elefanti si misero a ridere, e risero come non avevano mai riso prima.

Cominciò a piovere e la pioggia lavò Elmer che tornò variopinto. E gli elefanti risero ancora più forte. “Oh Elmer” disse un vecchio del branco “Ci hai sempre fatto ridere, ma questa risata è la più bella di tutte. Non ci hai messo molto a tornare variopinto”.

“Dobbiamo festeggiare questo giorno ogni anno” disse un altro elefante “Questo sarà il giorno di Elmer. Tutti gli elefanti si tingeranno dei colori di Elmer, mentre Elmer si farà color elefante.”

Questo è proprio quello che fanno gli elefanti. Un giorno all’anno si tingono da capo a piedi e sfilano in parata. Quel giorno, se ti capita di vedere un elefante color elefante, sai che si chiama Elmer.

Voglio dedicare questa storia alla maestra Barbara e alla maestra Lucia. Sono passati degli anni, ma io non le ho dimenticate, né mai le dimenticherò.

Voglio dedicarla anche all’autrice di questo blog, che ho scoperto da poco e mi piace molto, e non credo abbia neanche senso chiedersi, fra me e lei, chi delle due sia color elefante.

Perché io voglio un mondo di tutti i colori: giallo, arancione, rosso, rosa, porpora, verde, blu, e non un mondo solo bianco e nero.

A quelli che hanno stilato l’elenco dei “12 strumenti di autodifesa dalla teoria del gender” vorrei spiegare che non è mai stata intenzione di Elmer trasformare gli altri elefanti, che lo scopo di storie come questa non è eliminare dalla faccia della terra gli elefanti color elefante, ma solo costruire tutti insieme una “giungla” in cui nessuno debba sentire il bisogno camuffarsi e rinunciare a se stesso per sentirsi a proprio agio nel “branco”.

Ve lo dico sinceramente, tutta questa storia mi sta facendo molto male: non è una scuola che rifiuta libri come Elmer che voglio per mio figlio. Non è questo il mondo che pensavo di lasciargli in eredità.

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