(Intervista a Julieta Ojeda, di Benjamin Dangl e April Howard, 10 dicembre 2013, trad. Maria G. Di Rienzo. Julieta fa parte di “Mujeres Creando”, organizzazione anarco-femminista boliviana. L’immagine la ritrae all’interno della “Vergine dei Desideri”, lo spazio culturale del gruppo a La Paz. La scritta alle sue spalle recita: “Pensare è altamente femminile”.

Cosa ci dicono gli attuali conflitti nel paese, in particolare quello relativo alla costruzione di una superstrada che dovrebbe attraversare il Parco nazionale di San Isiboro Sécure, e perciò alle politiche di governo verso le persone indigene?

(Ndt: il Parco è una riserva naturale protetta in cui vivono comunità indigene. In questo momento il progetto è sospeso.)

Julieta Ojeda: All’inizio Evo Morales è stato il simbolo di un uomo indigeno che è arrivato al potere, ha assunto il potente ruolo di Presidente, e perciò si dava per scontato che avrebbe difeso gli indigeni. Ma la relazione che ha stabilito con le 34 differenti nazionalità indigene rivela che non è uomo da identificarsi con questa immagine. Continuano a dire che è indigeno, giusto? E sì, lo è, ma la sua identificazione primaria è con i cocaleros(coltivatori di coca). In questo senso non è un indigeno, ma uncocalero e risponde a quel settore. Poi c’è un’altra questione. Per il governo ci sono indigeni di prima classe e indigeni di seconda classe. C’è una sorta di Aymara-centrismo, per cui gli indigeni che hanno valore per il governo sono quelli che si situano ad occidente e non gli altri, quelli delle “terre basse”.

Ci è stato subito chiaro che Evo non intende essere un uomo che rispetta l’ambiente, che rispetta “Pachamama” come ha detto nei suoi discorsi. Il suo governo ha un progetto di sviluppo, un cattivo progetto di sviluppo se vogliamo, perché gli indigeni delle terre basse hanno le proprie forme di utilizzo sostenibile delle risorse. Esiste una visione dello sviluppo in cui la natura non viene distrutta, ma il governo di Evo Morales va nella direzione opposta.

Sembra che il governo del MAS (Movimento verso il socialismo) stia cooptando movimenti sociali per mantenere ed estendere il proprio potere politico.

Julieta Ojeda: Il MAS è penetrato in certe organizzazioni e le ha divise. Entrano negli spazi dei movimenti sociali e creano divisioni formando le proprie organizzazioni parallele. E’ una pratica nota, non hanno inventato nulla. La differenza è che quelli che ora sono al governo occupano un altro spazio sulla scena politica. Non sono più un movimento sociale, ma continuano a lavorare come se lo fossero per infiltrarsi nei gruppi e dividerli.

Per esempio, le divisioni che si sono create nel movimento indigeno delle terre basse sono state prodotte dal MAS. Lo hanno fatto dopo l’ottava marcia (Ndt: contro il progetto della strada summenzionato) e tutto è finito. Sino a quel momento c’era stata unità: ovviamente c’erano punti controversi e discussioni, ma gli indigeni preferivano metter da parte le differenze per mostrare unità. Dopo l’ottava marcia, il MAS ha cominciato a cooptare i leader e le comunità nelle proprie organizzazioni. Fanno la stessa cosa con gli altri conflitti sociali, come quello recente con i medici (Ndt: si tratta della protesta dei lavoratori della sanità contro l’allungamento del loro orario lavorativo). Hanno firmato un accordo con gli amministratori, ma non con i medici. Per cui il tempo della lotta si allunga. Firmano un patto con un settore e non con l’altro: fanno la stessa cosa con i minatori e nei conflitti a livello regionale, creando fazioni opposte, generando gruppi paralleli che si opporranno alla mobilitazione.

Nell’attuale clima politico come vedi il ruolo di “Mujeres Creando” e l’impatto del vostro lavoro?

Julieta Ojeda: Siamo riuscite a consolidare spazi, come questa stessa casa, e abbiamo ottenuto un certo grado di legittimazione sociale e di rilevanza politica. Voglio dire che “Mujeres Creando” ha un posto e uno spazio nella società, ma in modo relativo, perché è vero per alcune cose e non per altre. Abbiamo anche uno spazio aperto in radio e siamo assai persistenti nel nostro progetto politico.

Ad ogni modo, abbiamo anche preso pubblicamente posizione sulle politiche di Evo Morales, e nel caso del Parco nazionale di San Isiboro Sécure e dell’ottava marcia ci siamo unite alla protesta e vi abbiamo investito tutte le nostre risorse. E abbiamo criticato alcuni leader di questa zona che sostengono il progetto, perché stanno giocando con il futuro delle persone.

E abbiamo anche criticato – non con lettere ma con azioni pubbliche – il machismo del Presidente e del governo nelle sue svariate manifestazioni, come il tentativo di organizzare “Miss Universo” qui in Bolivia. Stiamo tentando di generare un dibattito più aperto sull’interruzione di gravidanza. La chiesa si oppone e ha tirato fuori tutte le armi possibili per chiudere la discussione. In questo frangente il governo di Evo Morales è stato molto tiepido. Si tratta di un governo assai conservatore quando si tratta di diritti per le persone omosessuali, o di aborto, o di qualsiasi cosa abbia a che fare con i diritti delle donne. Si vantano del “buono per le madri”, un aiuto finanziario, ma devi essere madre per averlo: perciò, una volta di più, si rinforza l’idea che le donne hanno valore solo come madri.

Questo governo non ci vede proprio come “nemiche”, ma piuttosto come un sassolino nella scarpa, un’irritazione costante. Non ci hanno prese a bersaglio, per fortuna, perché quando questo governo decide che qualcuno è suo nemico è terribilmente vendicativo. Ma noi siamo solo un sassolino, e non ci occupiamo esclusivamente delle politiche di governo, perché abbiamo il nostro progetto politico a cui lavorare.

http://www.mujerescreando.org/

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