È una bacchettata all’Italia quella che arriva dalla commissione dei diritti umani e sociali del Consiglio d’Europa. Secondo l’organismo consultivo comunitario, nel nostro Paese le donne continuano a incontrare «notevoli difficoltà» nell’utilizzare i servizi dell’interruzione volontaria di gravidanza. Sarebbe dunque violato il loro diritto alla salute, nonostante quanto preveda la legge nazionale, la ben nota 194, del 1978. Testo ben fatto e rimasto in larga parte inapplicato specie per quanto riguarda la prevenzione dell’aborto.

Il Consiglio ha dunque accolto positivamente il ricorso presentato da Cgil e da altre associazioni italiane che hanno sostenuto l’esistenza di discriminazione tra medici e operatori sanitari obiettori di coscienza e non obiettori.

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