Sei arrivato un giorno di settembre. Avevi paura. Le labbra strette in un sorriso doloroso, le mani in aria a volteggiare per seguire contorni indefiniti che erano dentro di te, solo tuoi (sfarfallio, lo chiamano). Issato sulle punte dei piedi saltellavi per cercare di toccare il cielo. Mi sono piegata alla tua altezza e ho cercato i tuoi occhi che erano altrove, lontano, dietro le mie spalle a seguire il girotondo infinito di una ventola (stereotipie, le chiamano).

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