Ma insomma, le femministe cosa dicono? La domanda sbuca fuori da ogni dove, mail e telefono e social e luoghi di lavoro. Che fa il femminismo? Perché non parlate? La risposta, l’unica possibile, dovrebbe essere: ” e tu che fai?”. E poi bisognerebbe aggiungere che sono mesi, anni, lustri, decenni che si parla fino allo sfinimento, e non è certo di un virgolettato che si ha bisogno, buono per farcire un articolo sui grillini o sui deputati maneschi o sui comunicatori che non sono in grado di comunicare. Perché anche  il parlato o lo scritto  (come ieri si è fatto qui), alla fine scivola via dopo aver appagato i richiedenti, e finché quel parlato e scritto non diventa pratica comune e racconto comune delle femministe e delle non femministe, degli uomini e delle donne e di tutti, poco cambia. Inoltre, qui si ha una vecchia convinzione: la cosiddetta questione femminile, come detto in mesi, anni, lustri, decenni, è l’osservatorio privilegiato per affrontare le diseguaglianze e il venir meno dei diritti. Per me, naturalmente. Proprio per questo, oggi torno ad affrontare la questione della Fini-Giovanardi. So che interessa poco, nè si riesce a suscitare discussioni anche critiche come quella innescata da David Brooks sul New York Times. Però si insiste,ospitando questo intervento, scritto per Lipperatura da Enrico Fletzer di Encod. Buona lettura.

Sarà l’aria canapina a portare via la Legge Fini-Giovanardi? di Enrico Fletzer

Come in altri Paesi c’ è la sensazione che qualcosa potrebbe cambiare per quanto riguarda le politiche sulla cannabis. Il vento nuovo è dovuto alla tendenza che si sta verificando nelle Americhe. Un passaggio in atto a causa della crisi dei partiti politici tradizionali nel vecchio continente. Noi stiamo assistendo a  notevoli cambiamenti di opinione, ma il rischio è che alla fine non cambi nulla. Ad esempio, con un lifting superficiale del nostro sistema carcerario dopo le sentenze della Corte europea  che l’esecutivo cercherà di schivare. Sono state molte le dichiarazioni in favore della decriminalizzazione del consumo e della coltivazione di cannabis provenienti da attori politici inaspettati. E’ l’opinione pubblica che può rendere la tendenza  positiva. Ma anche le comunità locali, visto che il Consiglio comunale di Torino ha votato una proposta sulla cannabis che viene discussa in altre città. Quotidiani conservatori come La Stampa e il settimanale Panorama hanno dichiarato che circa il 90 per cento dei loro lettori erano a favore di una regolamentazione della cannabis. Il dibattito è aperto, includendo il punto di vista di alcuni famosi intellettuali specializzati in storie di mafia. In Italia, l’ex capitale della canapa dell’Europa occidentale, c’è finalmente qualche segno di ottimismo. A Bologna gli anziani direbbero che sentono un’aria un po’ canapina. Questo è particolarmente vero per gli attivisti italiani che stanno attendendo l’11  febbraio, quando la Corte Costituzionale deciderà la costituzionalità delle leggi sulle droghe, passate contraddicendo il principio di proporzionalità con la folle equiparazione della cannabis con l’eroina. Quindi la legge Fini-Giovanardi rappresenta un caso di macelleria giuridica nonostante il veto tutto politico posto alla sua cancellazione dal ministro Letta tramite l’Avvocatura di Stato. La legge è decisamente una truffa ai danni dei cittadini e del Parlamento per ragioni ricordate da quattro tribunali italiani. Questa è la ragione per cui le eccezioni di incostituzionalità sono state considerate legittime. Un argomento utilizzato dai legali nei processi relativi alla cannabis. Per questo il movimento antiproibizionista ha immediatamente dichiarato la legge illegale. Con l’abolizione della legge le cose tornerebbero al regime del 2006. Ma occorre fare passi ulteriori come l’apertura di cannabis social club e delle politiche di riduzione del danno di tutte le droghe legali ed illegali.

La bocca della verità, luogo di partenza e di conclusione della manifestazione nazionale di sabato 8 febbraio per la cancellazione della legge, ha un forte valore simbolico. Secondo la leggenda Virgilio Grammatico l’aveva costruita affinché mordesse  il bugiardo che osava infilare le mani nel buco. In questo caso i bugiardi sono quelli che sostengono che in Italia non si finisce in carcere per canapa. Con una certa continuità l’Italia continua a finanziare un Dipartimento Antidroga che pare una riedizione del Minculpop. Il suo direttore, il dottor Serpelloni, continua a sfidare il barbuto dio Oceano raffigurato nella bocca della verità. Le leggi che illegalizzano piante e persone hanno contribuito all’attuale disastro. Nel 2011 il 41,5 per cento della popolazione carceraria è reclusa per droga : 27.947 su 67.394. Spesso detenuta in celle di meno di tre metri quadrati e sottoposta a isolamento. Questa è la ragione per cui la Corte europea considera il nostro paese recidivo nella somministrazione di trattamenti inumani e degradanti. I costi di questa legge illegale sono insostenibili. Nel 2011 l’Italia ha speso due miliardi in repressione di cui 48,2 in strutture detentive, 18,7 in operazioni di polizia e 32,6 nel sistema giudiziario. Ma questa repressione ha creato un mercato nero che fa incassare 60 miliardi alle organizzazioni illegali. Mauro Palma, del Comitato prevenzione della tortura, ha recentemente comparato l’Italia con la Germania. In questo paese ci sono 8000 detenuti per delitti legati alle droghe rispetto ai 14000 italiani di cui 9000 per cannabis.Non bisognerebbe neppure sorvolare sulla discrepanza tra gli 8500 detenuti tedeschi per crimini economici rispetto agli equivalenti 150 italiani, in un paese dove la corruzione sembra avere un peso molto più importante. Se non ora, quando sarà possibile un ritorno delle politiche italiane verso standard europei? Come recita un immaginario paragone calcistico per ora la situazione è la seguente: Italia 1-Uruguay 4.

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