Il nome di Florence Foster Jenkins è piuttosto noto ai melomani: non si tratta di un grande soprano, però, ma di un soprano atroce. Per dirla in parole povere: la signora era così stonata che ascoltare la sua interpretazione della Regina della Notte provoca convulsioni per troppe risate. Un crudele, miserando effetto Paperissima a cui però è molto difficile sottrarsi. La signora Foster Jenkins, comunque, non lo seppe mai o non volle saperlo: considerava i frizzi e i lazzi che si alzavano durante i suoi concerti come frutto della gelosia e del complotto delle rivali, e soleva ripetere “La gente può anche dire che non so cantare, ma nessuno potrà mai dire che non ho cantato”. Moltiplicate la sindrome di Foster Jenkins, adesso. Moltiplicatela per tutti coloro che ritengono di avere non solo la libertà (sacrosanta) di cantare anche da stonati, ma che il loro modo di interpretare la Regina della Notte sia l’unico possibile. Trasportate questa convinzione in ambito sociopoliticomediatico  e vi troverete esattamente dove siamo.  In questi giorni, come è notissimo, ci si è di nuovo occupati di hate speeche di hatein generale: tutti contro tutti, in Parlamento, in televisione e naturalmente sul web, dove ogni parola, sia o meno sputata fuori da incautissimi Foster Jenkins della scrittura (non perché non sappiano la grammatica, attenzione: ma perché non hanno la consapevolezza della parola scrittae confondono libertà di espressione con la possibilità di rendere permanente e visibile a tutti ogni cosa che passi loro per la mente) o da persone che dovrebbero invece essere modello ed esempio. Ultimo arrivato, il responsabile comunicazione del Movimento5Stelle, Claudio Messora, che twitta a Laura Boldrini: “Cara Laura, volevo tranquillizarti (sic: una zeta)…Anche se noi del blog di Grillo fossimo tutti potenziali stupratori…tu non correresti alcun rischio”. Il geniale comunicatore ha cancellato il tweet, ma, come ognun sa, in rete nulla si crea e soprattutto nulla si distrugge. Ora, però: non è solo una questione che riguardi i  cinque Stelle, questa, e attribuire al solo movimento la responsabilità del “tiriamo fuori le trippe e insultiamo” è un errore. Per fare un esempio sciocco, mi è capitato di leggere su Facebook il  commento di un difensore di Boldrini che, alla fine di alcune considerazioni pseudopolitiche, scriveva: “sono così idioti che non capiscono manco che una milfona come la Boldrini la cosa migliore che sa fare è un pompino…”. Provare a contestarlo? Inutile: ti dirà - lo ha fatto - che si confonde forma e sostanza, e che quel che conta è sempre altro. Altro, altro, altro. C’è chi tira in ballo il ceffone (gravissimo) alla deputata Lupo (sulla quale viene però alzato lo scudo “è anche una madre”, ribadito dalla medesima: come se le non madri potessero essere prese a sberle tranquillamente). E chi tira in ballo l’insulto (gravissimo) alle deputate del Pd. E chi ricorda gli insulti (gravissimi) a Carfagna. Ripetiamolo (lo si è scritto decine e decine di volte): tutto questo è grave, come gravi sono le denigrazioni (da parte di donne del Pd) di Michela Murgia “in quanto” famosa, o per la sua altezza o persino, come è avvenuto in uno spaventevole articolo di Panorama, per la sua storia familiare. Ripetiamolo ancora: il problema non è il web. Il sessismo (se una donna è visibile, va colpita nella persona, non nel pensiero), l’odio indistinto, le frustrazioni sociali e personali preesistono. Ma nel web accade qualcosa di ulteriormente grave:  l’indignazione (che ha ragione, eccome, di esistere) viene fagocitata dalla marea nerissima della violenza verbale, e da questa viene inghiottita. Immobilizzata. Fermata. Perché quando ci si è sfogati ben bene, si può dire ai propri familiari e amici del cuore “visto come gliele ho cantate?” e finisce là. Allora, che si fa, eh? Una cosa ci sarebbe.  Sarebbe molto bello che tutti, dai sostenitori e leader cinquestelle a quelli di qualunque altra forza politica iniziassero a  invitare a non insultare, ma a ragionare, anche criticare duramente, ma senza violenza sulle persone, avvertendo che chi  trasgredisce verrà cancellato da quella bacheca, o commentarium. Qualcuno griderà alla censura, altri al moralismo (temi gettonatissimi), ma alla fine, forse, le cose potrebbero cominciare a cambiare. Perché la forma E’ la sostanza, nel caso si decida di usare la prima come equivalente alla seconda: e i nuovi politici lo stanno facendo da un bel pezzo. Tutti. Non credo di peccare di pessimismo se scrivo che difficilmente tutto questo avverrà. Perché in molti casi quella che si legge nei social e non solo non è indignazione: è la sindrome di Foster Jenkins. Voler dire la propria a ogni costo anche quando l’unica cosa che si ha da dire è un’offesa che non servirà a nulla. E non c’è la libertà che una vecchia cantante pure esprimeva nei suoi sgangherati concerti, in tutto questo: c’è solo la triste, piccola consolazione di chi ritiene di lasciare un segno, e vuole ignorare che quel segno, confuso fra migliaia, è perfettamente inutile.

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