Cara Simone, te ne saranno capitate di peggio: ma mi piacerebbe avere la tua penna per raccontare in ogni dettaglio la vicenda della statua “Violata”, che è certamente un simbolo, ma dell’arroganza, del lobbismo miserando, dell’uso della questione femminicidio a scopo di potere politico.  Chi non conoscesse la storia può rileggerla qui, qui, quie qui. Nonostante la protesta di centinaia di donne e uomini (fra cui vittime di violenza e centri antiviolenza), la commissione pari opportunità della Regione Marche ha fatto orecchie da mercante dopo gli iniziali spernacchiamenti dove si riduceva chi contestava la scelta a un branco di isteriche. Ora, una statua che, è bene ripetere, è stata creata dall’autore con altro titolo e altro scopo e in fretta adeguata all’uso per un’oncia di visibilità, un convegno e qualche comunicato stampa, è divenuta “luogo della memoria”, “in quanto rimane pienamente condiviso il valore del suo messaggio, che è universale e riguarda tutte le generazioni, presenti e future”. Qui l’articolo, ad averne lo stomaco. Come scrive Cristina Babino, che è appassionata promotrice delle iniziative che (invano) hanno tentato di contrastare questo delirio di onnipotenza, arroganza, cattivo gusto e potere: “Definire Violata - una statua eretta meno di 10 mesi fa davanti a una galleria che fino al 2006 neanche esisteva - un “luogo della memoria” in virtù soltanto del suo presunto “messaggio universale” significa semplicemente ignorare le motivazioni del lungo e accorato dibattito che c’è stato finora e, peggio, tutte quelle donne vittime di violenza che da questa statua si sono sentite offese anziché onorate, insieme a tutte le associazioni e ai centri antiviolenza che continuano a considerarla inappropriata e controproducente. A nessuno è venuto in mente che se tutti i centri antiviolenza d’Italia, un numero enorme di professionisti del settore, un numero impressionante di associazioni in difesa dei diritti delle donne, e soprattutto – lo ripeteremo all’infinito - molte vittime e familiari di donne uccise per mano violenta ne hanno chiesto la rimozione, forse il suo messaggio non può dirsi così universale?” Allora, cara Simone, mi rendo conto che stiamo parlando di una vicenda minima, una piccola storia ignobile che però, appunto, simboleggia rischi e abusi che riguardano i femminismi quando vengono utilizzati ad altro scopo.  Dicesti un tempo che nel “femminismo” “cosiddetto” hai evitato di “chiuderti” (”Non ho mai nutrito l’illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall’avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione”). Ecco, era solo per sottolineare che la questione esiste ancora. E buon non compleanno.

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