image Ho scritto un libro per ragazzi, che esce oggi in libreria. Si chiama Pupa, è illustrato (magnificamente) da Paolo d’Altan, ha la prefazione di Lidia Ravera e lo pubblica Rrose Sélavy. Perché l’ho fatto? Perché avevo voglia di raccontare una storia, perché credo nelle storie, perché mi ha reso felice farlo. Perché l’ho fatto con un piccolo editore? Perché questo piccolo editore è speciale: intanto si chiama Rrose Sélavy,  il nome con il quale Marcel Duchamp firmò alcune sue opere, e questo già prometteva bene, ma soprattutto perché fa poche e buone cose, e le segue con amore. I “quaderni quadroni”, che è la collana che ospita Pupa, sono progetti pensati e preziosi. Fin qui ne sono usciti tre: Che mestieri fantastici!, di Massimo De Nardo, con anagrammi di Stefano Bartezzaghi e illustrazioni di Tullio Pericoli, Il topo sognatore e altri animali di paesedi Franco Arminio con disegni di Simone Massi e, appunto, il mio. I libri di Rrose Sélavy si trovano in questelibrerie.Pupa si può definire una distopia. Ma non c’è solo questo: anzi, questa è la cornice. Come da scheda, la storia si svolge così:

“In un futuro molto prossimo, i bambini sognano di essere selezionati per un lavoro importante: fare i Nipoti Sostituti significa infatti tenere compagnia ai Richiedenti, i vecchi rimasti soli perché le famiglie non hanno tempo di andarli a trovare. Adele ha ottenuto il suo primo incarico e si presenta all’appuntamento piena di buona volontà e consapevole delle istruzioni ricevute a scuola: portare fiori e paste, prepararsi a guardare la televisione e sfogliare album di fotografie. Ma Pupa, la sua Richiedente, non è una vecchia signora come le altre: non solo non guarda la televisione e non rimpiange i tempi andati, ma costruisce oggetti fantastici e meravigliosamente inutili, e soprattutto conosce il potere delle storie. Nei pomeriggi trascorsi con lei, Adele conoscerà un cammello-dinosauro e un jinn, un demone del fuoco, che sono stati i compagni di avventure di Pupa durante la sua infanzia di colona italiana a Bengasi, fra datteri e bombe. Adele impara ad ascoltare e a raccontare: perché le storie, come si sa, cambiano il mondo”.

Per me, immaginare il futuro significa anche (e a volte soprattutto) narrare il passato. Nel caso specifico, ho restituito in Pupa i racconti di mia madre, che è stata colona italiana a Bengasi da uno a diciotto anni. Pupa è il nome che le hanno sempre dato i suoi familiari, e ancora qualcuno la chiama così, a dispetto dei suoi novanta bellissimi anni. Anche alcune delle avventure della “mia” Pupa le appartengono: non il  jinn, ma non potrei giurarci. Questo è il mio piccolo regalo natalizio: so che in questo 2013 ho scritto molto, ma il quarto libro è il più amato. Spero che una parte di questo amore arrivi anche a chi lo leggerà. E ancora una volta grazie, commentarium.

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