Vale sempre la pena fare una visita sul forum di Writer’s Dream, dove spesso vengono ospitati editor e scrittori e fanno capolino anche gli editori. Per esempio, giusto ieri, Baldini&Castoldi (immagino nella persona di un responsabile o direttore editoriale) interviene in una discussione che ruota, come spesso avviene, sui temi della pubblicazione e su come si arriva a farsi leggere, e magari pubblicare, da un editore. Perché questo è il punto, non nascondiamoci dietro le alate discussioni su letteratura alta, bassa, media e micro:  nella stragrande maggioranza dei casi l’obiettivo è la pubblicazione prima ancora della scrittura. Obiettivo più che legittimo, perché chi scrive vuole farsi leggere. Spesso, però, con svariati passaggi saltati riguardo la scrittura e le sue motivazioni (valga la frase rivolta alla giovanissima Oriana Fallaci e riportata da Cristina De Stefano nella bella biografia Oriana. Una donna: prima di scrivere, piccoletta, devi vivere, dicono padre e madre alla ragazza. E lei ci pensa su e comincia a fare la giornalista, intanto: al romanzo arriverà molto dopo). Torniamo alla discussione. Nel bel mezzo di un colloquio fra utenti del forum e Mattia Signorini, editor per un’agenzia letteraria, scrittore, titolare di una scuola di scrittura), interviene appunto Baldini&Castoldi, che fa questa considerazione:

“L’agente è una figura ridondante. L’ennesimo ingranaggio in una filiera che già ne ha un numero esorbitante. Tolte quelle cinque/sei realtà importanti (e quasi imprescindibili per chi vuole fare l’editore), che con gli esordienti lavorano poco o nulla, il resto in buona parte vampirizza il vostro lavoro, restituendovi zero (o quasi zero). Massimo rispetto per le scuole di scrittura (l’ho già scritto e lo ripeto, Übung macht den Meister), che sono uno dei pochi strumenti per sgrezzare talenti (e una delle poche fucine da cui escono buoni esordienti), le agenzie letterarie (o sedicenti tali) sono spesso lo sbocco finale della carriera di gente che in editoria non ha trovato nulla di meglio da fare”.

Più avanti il tiro viene rettificato, e si precisa che le agenzie serie sono poche, che molti oggi si spacciano per agenti e non lo sono, che ” nel mondo dell’editoria italiana old school (e non in senso buono), un vecchio agente ed un vecchio editore lavorano insieme per ciucciare un po’ di soldi al giovane autore”. C’è un fondo di verità: perché negli ultimi tempi sono spuntati come pratoline sedicenti agenti letterari che setacciano il web e i social in cerca di esordienti (cui chiedere soldi, molto spesso). Ma c’è una problematica che mi sembra poco evidenziata, e che fa sì che, oggi, un agente sia più che mai importante. Non per quel che si pensa in primo luogo  (la proposta di un manoscritto presso un editore) o non solo. Ma soprattutto per la tutela dell’autore stesso da contratti molto spesso improponibili. Mi è capitato negli ultimi giorni di consigliare a uno scrittore non un agente (o non solo) ma un gruppo di volontariato imprescindibile come Scrittori in causa, fondato da Carolina Cutolo con Alessandra Amitrano, Simona Baldanzi e Sergio Nazzaro.  Parlate con loro e leggete il loro blog: quelli che si trovano fra le mani sono contratti dove l’autore è considerato un pollo, talmente grato all’idea di vedere il proprio testo stampato da accettare condizioni ignobili.  Li ho segnalati altre volte, ma è bene continuare a farlo. Non è vero che un agente sia ridondante: e non è neanche importante che sia gigantesco, ma che sia serio. A meno di non scegliere un’altra strada, che è quella di fare a meno dell’editore: strada ugualmente legittima, ma difficile, e molto, almeno al momento.

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