Tornavo dunque da Torino, ieri mattina, dopo una lezione alla Scuola Holden (partita sulla questione dei mediatori culturali su carta-radio-web, si è trasformata in una conversazione sulla letteratura fantastica, con reciproca - credo - soddisfazione) e dopo aver assistito alla presentazione di Chirù al Circolo dei lettori. Le parole di Michela Murgia mi tornavano in mente mentre provavo a leggere in treno, poi posavo il libro (per i curiosi, Lila, di Marilynne Robinson), e provavo a ragionare. In Chirù, che è un romanzo non solo di rara bellezza, ma un romanzo da rilettura (va ripreso in mano diverse volte prima di coglierne le sfumature e l'equilibrio) Michela infrange, con grazia, un altro tabù: se in Accabadora rovesciava il senso comune sulla Madre Bianca che dà la vita e l'antico canone che lega la Madre Nera alla morte, qui affronta un altro tipo di "genitorialità spirituale"  che viene considerato esclusivamente maschile.

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