Scriveva Roland Barthes in Miti d'oggi che "La letteratura non comincia che davanti all' innominabile, davanti alla percezione di un altrove estraneo allo stesso linguaggio che cerca". Mi piacerebbe che fosse ancora così: la ricerca di quell'altrove avviene ancora, certo, ma avviene con meno frequenza. Ho la sensazione che molta letteratura (italiana) si assesti felice nel riconoscimento di un linguaggio dato. Così come molto giornalismo. Sarei, naturalmente, lieta di sbagliarmi. Questo, comunque, non è un post letterario e  non è un omaggio a Barthes nel quasi centenario dalla nascita (ma in parte lo è, evidentemente), bensì la dichiarazione di una mancanza.

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