Scrivevo ieri su Facebook che sto decisamente invecchiando. Come tutti, ho seguito con angoscia  la vicenda dell’aereo condotto alla distruzione. Empatia? Non so, anche se sarebbe gratificante dirselo, giusto?  Probabilmente c’è qualcosa di molto più egoistico, come  l’antica paura comune del volo, e soprattutto dell’ineluttabilità di quello che c’è alla fine dei nostri voli personali. Probabilmente, anche, una reazione del mio cervello rettile, addestrato a temere il momento in cui l’ombra si stacca da terra. Comunque sia, ho seguito con perplessità l’immediato mutamento delle reazioni nei social (italiani) dalla costernazione al dileggio (pur meritato) verso Daniela Santanché e il suo tweet dove la medesima chiedeva informazioni  sulla provenienza etnica e religiosa del pilota confondendo “airbus” con “autobus”, immagino per il solito scherzetto del T9 che tanti disastri fa, da ultimo.

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