Quando si ama una persona, che sia una madre, un compagno, un’amica, non si vorrebbe sapere come è morta. Non si vorrebbe trattenere nella memoria il momento del limite, quello che ci porta irreparabilmente a coniugare al passato, un secondo prima “é” e un secondo dopo “era”. Vorremmo trattenere, invece, il sorriso, il tono della voce, il movimento delle mani, il profumo, il modo in cui taglia una pizza o sorseggia una birra. Quando qualcuno ti racconta come una persona amata è morta, si vuole al tempo stesso sapere e non sapere, e nel momento in cui si apprende ci si sente inesorabilmente voyeur, l’ospite ingratissimo che spia e non dovrebbe, la moglie di Barbablù che gira la chiave nella toppa e la lascia cadere  - perché altro è impossibile fare - nella pozza di sangue per portarsi le mani al volto.

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