In queste ore, a Perugia, si discute di Alberto Moravia a trent’anni dalla sua elezione al parlamento europeo. Ohibò, un intellettuale in politica, si direbbe oggi: ma trent’anni fa sembrava faccenda quasi normale, dal momento che chi si occupava di raccontare il mondo aveva forse qualcosa da dire ai politici di professione. Oggi le cose stanno diversamente, mi sembra: pur invocando il rapido ritorno a casa dei medesimi politici di professione, si chiede che siano loro a occuparsi di raccogliere i cocci fra cui camminiamo. L’ultimo esempio è il Buongiorno scritto ieri da Massimo Gramellini (quila mia risposta).

Moravia, per dire, visse l’esperienza europea portando avanti le proprie convinzioni contro il nucleare.  Negli anni, gioverebbe ricordarlo, sono stati deputati e senatori  Ignazio Silone, Massimo Bontempelli, Carlo Levi, ovviamente Sciascia, e poi Edoardo Sanguineti, Natalia Ginzburg, Paolo Volponi, Alberto Arbasino, Gina Lagorio, Claudio Magris. Sembrava normale: anzi, sembrava cosa buona, che al politico di mestiere si affiancassero portatori di parole nuove.  Quel che continua a colpirmi del presente, invece, è la contraddizione di cui sopra: i cultori del Novissimo sono, contemporaneamente, convinti assertori del (vecchio) Mestiere.

Pazienza. Per la cronaca, domani sarò aTerni Poesia a parlare di web, letteratura, questione femminile, e anche di Fortini. Dunque, di politica. A lunedì.

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