“Vorrei riuscire a trasformare un ministero dell’emergenza in un ministero di prospettiva. Un piano di tre anni, medio termine. Lo presento oggi pomeriggio in Senato. Le linee programmatiche dell’istruzione e del sapere per staccare questo Miur dal rosario di problemi che lo assedia”. “Aumenteremo gli Istituti tecnici superiori, danno lavoro. Oggi sono 63. Ne apriremo nuovi legati al turismo e ai beni culturali”.

Queste sono due  delle frasi della ministra per l’Istruzione Stefania Giannini, tratte dall’intervista rilasciata a Corrado Zunino. Sono frasi estrapolate, certo: ma le ho scelte perché mi hanno fatto pensare. Mi ha fatto pensare quel rivendicare la progettualità. Giusta, sacrosanta, auspicata. Progettare, proicere, ovvero gettare avanti. Ma la ministra getta avanti di poco, tre anni,  Adelante, presto, con juicio. Mi sarebbe piaciuto che i tre anni fossero dieci, o addirittura venti. Mi sarebbe piaciuto che si ragionasse guardando non a un futuro breve, ma a un futuro lungo, il tempo giusto per dare a chi è ragazza e ragazzo il respiro di cui hanno bisogno, e  per non continuare a soffocarli sotto la cappa dei tempi bui, che non lasciano speranza, e forza andatevene perché questo non è un paese per voi. Mi ha fatto pensare quel “danno lavoro” riferito agli Istituti tecnici. Mi sarebbe piaciuto che di tutti gli indirizzi  si dicesse “danno parole”.  So bene che è fuori contesto e persino fuori moda citare Don Milani (specie quando diceva: “Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere, non c’è rimedio. Ma questo non importa affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio ( chiamo uomo chi è padrone della sua lingua). Questa non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita d’ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dire uomo”), e allora cito David Foster Wallace, nel celebrediscorso ai laureandi del 2005. Specie quando dice:

“Il cosiddetto “mondo reale” degli uomini, del denaro e del potere vi accompagna con quel suo piacevole ronzio alimentato dalla paura, dal disprezzo, dalla frustrazione, dalla brama e dalla venerazione dell’io. La cultura odierna ha imbrigliato queste forze in modi che hanno prodotto ricchezza, comodità, libertà personale a iosa. La libertà di essere tutti sovrani dei nostri minuscoli regni formato cranio, soli al centro di tutto il creato. Una libertà non priva di aspetti positivi. Cio’ non toglie che esistano svariati generi di libertà, e il genere più prezioso è spesso taciuto nel grande mondo esterno fatto di vittorie, conquiste e ostentazione. Il genere di libertà davvero importante richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, impegno e la capacità di tenere davvero agli altri e di sacrificarsi costantemente per loro, in una miriade di piccoli modi che non hanno niente a che vedere col sesso, ogni santo giorno. Questa è la vera libertà. Questo è imparare a pensare. L’alternativa è l’inconsapevolezza, la modalità predefinita, la corsa sfrenata al successo: essere continuamente divorati dalla sensazione di aver avuto e perso qualcosa di infinito.”

Lo so, non sono cose che in un’intervista si possono chiedere a una politica. Oppure no. Queste sono le cose che vorrei cominciare a sentire da chi fa politica.

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