Dicono, ma poi andrà verificato perchè, sostiene Cottarelli, la decisione è politica, che sono in vista tagli alle pensioni di reversibilità e agli assegni di accompagnamento per invalidità. Dicono così, ma non stupisce troppo che a venir toccati siano i meno visibili e soprattutto i meno produttivi. Una persona giovane produce e consuma, qualora riesca ad avere un lavoro, sia pure tanto, tanto precario. Un vecchio no. Dunque, è inutile. So che mi perdonerete anche stavolta se riporto qui un passo da “Non è un paese per vecchie”.  Oggi, peraltro, mia madre compie 91 anni. Prende una pensione di reversibilità. Ce la fa a malapena, ma non ha mai perso allegria, ed è questo che mi ha insegnato, ed è per questo che la ringrazio, per questo vado avanti.

Nella cultura e nel pensiero, prima ancora che nelle scelte politiche e sociali, si è infranta ogni solidarietà: giovani contro vecchi, e, per forza di cose, viceversa. L’Italia è un paese di vecchi, ma non per vecchi. Per vecchie tanto meno: visto che la questione di genere si aggrava ulteriormente nella terza età, dove è molto meno evidente e sembra non contare troppo. Alle donne, doppiamente bollate come cittadine improduttive che sottraggono risorse al resto della società, non si rivolge magari l’accusa di gerontocrazia, dal momento che dal potere sono state lontane in giovinezza e lo sono maggiormente dopo i 65 anni. In compenso, sono coloro che immobilizzano l’economia, la cultura, i palinsesti televisivi, i consumi, l’etica, la politica: In poche parole, sono la causa prima del rallentamento e del declino. A giudicare dagli umori collettivi, i vecchi andrebbero – metaforicamente o meno – uccisi. Come in “Diario della guerra del maiale” di Adolfo Bioy Casares: dove i giovani di Buenos Aires decidono di colpo che chiunque più di cinquant’anni è inutile alla società, e dunque va cacciato e sterminato. Andrebbero cancellati, come ne “Il signore delle mosche di Golding”: dove si realizza il sogno oscuro di ogni adolescente: un mondo senza adulti. Andrebbero eliminati, come nel racconto “L’esame” di Richard Matheson, dove ogni anziano che non è più in grado di superare un test psicofisico deve venire ucciso. I vecchi non meritano difesa, in una società dove i figli sono più infelici dei padri: infelicità reale, ma forse non completamente attribuibile alle deprecate pensioni dei nonni . Anche perché, molto spesso, sono proprio gli anziani ad essere i garanti delle famiglie: secondo il rapporto Istat del luglio 2009, “soltanto le famiglie con almeno un componente anziano mostrano una diminuzione dell’incidenza di poverta’ (dal 13,5% al 12,5%) che è ancora piu’ marcata in presenza di due anziani o piu’ (dal 16,9% al 14, 7%).” Dati che scivolano in secondo piano: l’immaginario preferisce immaginare pensionati che succhiano risorse come i denti di un vampiro. Neanche i vampiri, a proposito, sono più rugosi e decrepiti, ma eternamente giovani e appassionati come gli adolescenti di “Twilight”. Dorian Gray finisce al cinema. Le donne cinquantenni vengono chiamate coguare per l’insana abitudine a concupire ragazzini e diventano un serial televisivo: a qualcuno sembra persino una vittoria. Ma torniamo ai soldi. In uno dei suoi saggi più belli, “La vieillesse” (tradotto in italiano con “La terza età”), Simone de Beauvoir pone un primo paletto. Ammesso che i vecchi abbiano troppo denaro, cosa significa, davvero, quel “troppo”? :

“Quando si viene a discutere del loro trattamento economico sembra che essi vengano considerati come appartenenti a una specie estranea: sembra che non abbiano né gli stessi bisogni né gli altri sentimenti degli altri uomini, visto che si ritiene sufficiente concedergli una misera elemosina per sentirsi sdebitati verso di loro. Questa comoda illusione viene accreditata dagli economisti e dai legislatori, quando deplorano il peso che i non-attivi rappresentano per gli attivi, come se questi ultimi non fossero dei futuri non-attivi, e assumendosi il carico delle persone anziane non assicurassero il proprio avvenire”.

Una mitologia, secondo la filosofa, messa in circolazione dal pensiero borghese che si sforza di far apparire il vecchio come “altro”, in modo che nessuno lo difenda:

“Se i vecchi manifestano gli stessi desideri, gli stessi sentimenti, le stesse rivendicazioni dei giovani, fanno scandalo; in loro, l’amore, la gelosia, sembrano odiosi o ridicoli, la sessualità ripungnante, la violenza irrisoria. Essi devono dar l’esempio di tutte le virtù (…) l’immagine sublimata di se stessi che si propone loro è quella del venerabile Saggio, aureolato di capelli bianchi e ricco d’esperienza, che guarda alla condizione umana da un’altissima cima. Se loro non ci vogliono stare, allora precipitano molto in basso: l’immagine che si contrappone alla prima è quella del vecchio pazzo farneticante, zimbello dei bambini. In ogni caso, per la loro virtù o per la loro abiezione, essi si pongono al di fuori dell’umanità, e pertanto gli si può rifiutare senza troppi scrupoli quel minimo che si ritiene necessario per menare una vita umana”.

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