Qualcosa non mi torna, nella polemica che ha opposto Cecilia Guerra, viceministra con delega alle Pari Opportunità, e l’UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. In brevissimo: sul sito dell’Istituto Becktrovate gli opuscoli del progetto “Educare alla diversità”, contro l’omofobia ma non solo. Segue lunghissima campagna condotta dall’Avvenire al suono di “vogliono distruggere la famiglia” (scusate la semplificazione, ma il senso è quello). Segue Isabella Bossi Fedrigottiche interviene sugli sciocchini che vogliono abolire le fiabe (scusate di nuovo, ma tant’è). Segue “nota di demerito” della viceministra Guerra, sul Corriere della Sera e un po’ ovunque. Raccontata così, suona come: gruppo di esagitati irrompe nelle scuole diffondendo slogan e urlando “a morte Cenerentola”. Dal momento che l’educazione al genere e all’affettività è una faccenda seria, praticata ovunque, e in Italia è argomento di guerricciole politiche o di sganasciamenti e ironie imbecilli, non mi torna il fatto che le parole dell’altro “fronte”  non siano state diffuse. Dunque, senza voler entrare nella social-diatriba “pro o contro Guerra” (non mi riguarda: mi riguarda invece l’esistenza di un futuro ministero per le Pari Opportunità, anche se immagino che non sia fra le priorità del governo in via di formazione) le diffondo io. Ecco il comunicato stilato  ieri dalle Famiglie Arcobaleno. Tanto per ristabilire parità di genere e di informazione.

Famiglie Arcobaleno è sconcertata per la decisione del Viceministro al Lavoro e alle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità, Maria Cecilia Guerra, di bacchettare – addirittura con una nota ufficiale di demerito – l’UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. La colpa dell’UNAR sarebbe di aver predisposto, con l’aiuto dell’Istituto Beck, degli opuscoli per l’educazione alle diversità, “materia sensibile” che richiede “particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio”; e di averli postati sul sito dell’Ufficio “senza alcun accordo e confronto con il MIUR”.

In realtà, fin dal 2009 esiste un protocollo d’intesa tra MIUR e Pari Opportunità, in cui è centrale il ruolo dell’Unar, per la lotta contro le discriminazioni di genere e il bullismo omofobico. Il materiale ora prodotto dall’Unar è perfettamente in linea con questi obiettivi, compresi del resto nella “Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, resa nota fin da aprile. Non occorre proprio, insomma, un ennesimo momento di “accordo e confronto” per predisporre (non certo imporre) opuscoli rivolti agli insegnanti (non certo agli studenti).

Ma la “disattenzione” ai contenuti e al linguaggio a cui vagamente allude il Viceministro, in cosa consiste? Ci aiuta a capirlo la campagna denigratoria lanciata da “Avvenire”, guarda caso, proprio in questi giorni, e sfociata in un’interpellanza parlamentare firmata da Giovanardi, Sacconi, Formigoni e altri senatori. È “ridicolo”, spiega il quotidiano cattolico, proporre di menzionare a lezione l’esistenza di famiglie con genitori dello stesso sesso. È assurdo affermare che l’omofobia possa nascere anche da forme di “cieca credenza nei precetti religiosi”. Ci sembra goffa ma soprattutto destinata al fallimento la pervicacia con cui una certa classe politica, anziché fare gli interessi di tutti i cittadini, piega la testa ad una concezione clericale dello stare insieme civilmente.

Ora tutto è chiaro: è impensabile raccontare il nostro mondo così com’è. Soprattutto a chi lavora nella scuola.

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