LoveStopEBOLA-politicafemminileEbola: come possiamo agire? noi possiamo farlo e dobbiamo farlo subito. Prima: per dimensionare il problema, un po' di notizie utili - anzi, necessarie: premesso che restano solo poche settimane per contenere il virus: milioni di persone sono già in pericolo (fonte Onu). Premesso che l'umanità è un solo organismo: non possiamo pensare che una simile malattia del sistema non ci riguardi tutti. Premesso che è ridicolo illudersi di contenerla ai poveri - anzi: alle donne dei poveri (queste ultime, sobbarcandosi il lavoro di cura, sono il 75% dei morti *) - e cioè che c'è un solo modo per difendersi: collaborare tutti, e subito, e generosamente, per respingerla.
1. l'OMS avvisava già in settembre che Ebola è un'epidemia senza precedenti
2. Da pochi casi in soli 3 paesi (e già terrificante) di agosto, avremo 10.000 nuovi casi a settimana entro dicembre: ma allo stato attuale troveranno solo 4.300 letti per assisterli. Intanto il tasso di mortalità è salito dal 50 al 70%.
3. Entro gennaio 2015 si stima che i contagiati saranno 1 milione e 400mila. Lo stesso scopritore del virus conferma che l'epidemia corre più veloce della capacità di reazione.
4. Del resto, chi dovrebbe agire non fa proprio nulla, o quasi: siamo in mano a inetti (nel migliore dei casi), e salvo eccezioni sembrano tutti assenti. E saremmo pazzi a delegare a loro le soluzioni.
Premesso quanto sopra, un'avvertenza: non dobbiamo avere paura. Anche su questo, alcuni argomenti:
1. a Napoleone - personaggio per molti versi esecrabile, va però riconosciuta la dote del coraggio. Quando i suoi soldati, in Egitto, cadevano come le mosche sotto la peste, lui gridava fra i moribondi che il contagio aveva buon gioco perché attecchiva sulla paura: per dimostrarlo li scuoteva, li toccava, non temeva in nessun modo la malattia; e in parte aveva ragione. Niente come la paura agisce sulla dinamica delle cose materializzandone le peggiori conseguenze.
2. Contrariamente a quanto si pensa, però, il contrario della paura non è il "coraggio": il contrario della paura è l'amore (anche se, nel caso di Napoleone amore della gloria, di una visione folle di conquista). Si, pura, banale, verità: è l'amore, se ci pensate, che dà la forza e il coraggio di affrontare qualunque rischio e sconfigge qualunque paura. Bene, armiamoci di quello: è così che davvero, e più che in qualunque altro modo, possiamo fare la differenza.
3. Dal dire al fare: che fare? Nella pratica: scrive Avaaz che a pensarci è incredibile, ma la nostra risposta a questo pericolo mortale non solo può salvare delle vite, ma può anche aiutarci a capire cosa siamo e qual'è il nostro ruolo: una comunità globale, che crede nei legami che ci rendono una sola famiglia, e agisce come tale. Gli eroi che si sono offerti volontari tramite Avaaz dimostrano che vale la pena mettere a rischio ogni cosa per salvare ogni singola vita. Vogliamo sostenere questa incredibile umanità, farlo da tutto il mondo, per quanto ognuno di noi può dare, prima che questo spiraglio di speranza si chiuda. Nelle ultime due settimane, migliaia di persone della nostra comunità si sono offerte volontarie per andare in Africa Occidentale e aiutare a contrastare il diffondersi dell'Ebola. È una scelta di incredibile eroismo che testimonia quanto ci sentiamo interdipendenti e membri di un'unica comunità globale.
Nel nostro piccolo, senza chiedere a nessun* di partire, chiediamo, anche da qui, che tutte e tutti ci attiviamo contagiandoci l'un l'altro con la solidarietà, attivandoci con la comunicazione e offrendo un piccolo contributo: se solo 50mila di noi donassero 16 € a testa (scrive Avaaz) potremmo prendere 10 ambulanze e 2mila tute protettive. Quante persone si possono salvare, con queste semplici attrezzature? quanti contagi si possono prevenire? Queste sono cose basilari, ed è quasi criminale che la comunità internazionale non sia riuscita a procurarne a sufficienza. Consegnandole in tempo a dottori e infermieri locali e internazionali potremmo aumentare notevolmente la possibilità di mettere l'Ebola sotto controllo prima che sia troppo tardi per fermare l'epidemia. I sistemi sanitari di interi paesi sono al collasso. Medici e infermieri locali sono morti cercando di curare i malati senza avere il giusto equipaggiamento. E finora la risposta internazionale è inadeguata: solo alcuni tra i Paesi più ricchi hanno promesso dei medici, e comunque meno dei membri di Avaaz che si sono offerti volontari.
Si può fare tanto anche donando piccole cifre: con 2 €: comprare sapone per prevenire l'infezione, con 23 €: formare un insegnante per istruire sulla prevenzione bambini e famiglie; con 220 €: fornire un kit di protezione personale per salvaguardare chi assiste i malati. E se partecipiamo in tanti: con 40.000 € comprare, trasportare e equipaggiare un'ambulanza; con 95.000 €: comprare attrezzature e forniture per aprire un centro di cura da 50 letti.
* E SI: le donne sono il 75% dei morti. Come aveva osservato per prima Julia Duncan-Cassell (ministra alle Pari opportunità della Liberia) nel 75% dei casi sono le donne ad ammalarsi e a morire. Anche se nel caso delle altre malattie è meno eclatante, è sempre così: ricade sempre sulle loro spalle il lavoro di cura, sono sempre le donne le prime a soccorrere i mariti, i figli, gli anziani che si ammalano. Sono loro che lavano, medicano, imboccano; loro che portano in ospedale i più gravi e li assistono anche lì. Sono ancora loro a raccogliere, a lavare le salme e a prepararle per le sepolture. Furono donne incinte le prime vittime, già nel 1976, quando il virus fu scoperto per la prima volta a Yambuku, in Congo - e da allora ha covato diversi focolai, ma non se ne è occupato nessuno: e a chi poteva interessare? erano solo negri, donne, poveri; donne dei poveri. Bene, facciamocene una ragione: ora non è più così. Maschi o femmine, bianchi o neri, occidentali o no: siamo tutti coinvolti.
E condannati ad amarci. O a farci danno l'un l'altro tutto il tempo, come imbecilli.