Ieri Un altro genere di comunicazione sollecitava i lettori affinché scrivessero per protestare contro l’interpretazione che i media stanno dando della vicenda delle adolescenti che si prostituivano a Ventimiglia. Io, naturalmente, ho accolto l’invito e ho segnalato la cosa anche al garante per l’infanzia, il quale in merito al fenomeno mediatico delle “baby squillo” dei Parioli aveva dichiarato:

«Non so dire se mi fa più orrore lo spettacolo voyeuristico messo in piedi da molti giornali e trasmissioni o piuttosto constatare che ci si interessa ai ragazzi solo di fronte a casi di cronaca violenti. In questa vicenda, l’eccessiva attenzione rivolta dai media alle adolescenti coinvolte ha relegato gli adulti ad un ruolo secondario mentre occorre agire sulla “domanda”, come da tempo raccomanda all’Italia anche il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia»«Gli adulti che inducono le minorenni alla prostituzione vivono tra noi, sono i nostri colleghi, i nostri amici, i nostri fratelli, i nostri padri. E’ inaccettabile la tolleranza che la nostra società sembra mostrare contro questi reati. L’attenzione si sposta sulle vittime, oltretutto non sempre riconosciute come tali, mentre gli adulti autori del reato escono così di scena. Mi auguro che al più presto sfruttatori e clienti paghino davanti alla legge il danno gravissimo fatto alle ragazzine. Che cioè siano gli adulti il centro dell’interesse, prima di tutto giudiziario e casomai mediatico»

Sul medesimo argomento ha pubblicato una riflessione stamattina il blog Lunanuvola.

Vorrei cogliere l’occasione per soffermarmi su un dettaglio di questa vicenda, un passo di quell’articolo di Panorama che ci offre una versione dei fatti di Ventimiglia secondo la quale le ragazzine sarebbero i carnefici e i clienti i “veri sfruttati”, questo:

“due ragazze consapevoli dell’immenso potere che risiede tra le loro gambe”

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Quando io avevo l’età delle ragazzine di Ventimiglia, andava per la maggiore una canzone di “Elio e le storie tese” intitolata “Servi della gleba” (qui il testo integrale del brano).

La storia raccontata in questa canzone è quella che raccontano in molti (compreso Panorama per mezzo della signora Annalisa Chirico): la storia dei poveri uomini vittime de “il triangolino che ci esalta”,“schiavi della ghiandola mammaria”,che non possono fare a meno di tirare fuori “lo sfaccimm” quando una furba teenager “schiaccia il tasto” del desiderio “meccanico, mercenario e anaffettivo“…

Se mettiamo le frasi della canzone a confronto con la descrizione del cliente delle ragazzine di Ventimiglia, (“amante della pelle liscia“), si nota immediatamente che tutte hanno in comune l’uso della sineddoche: la donna non è una persona “intera”, ma è ridotta ad una sua parte: il “triangolino”, “la pelle liscia”, “la ghiandola mammaria”…

Quando una parte sta per il tutto parliamo di una figura retorica, ma parliamo anche di “oggettificazione sessuale del corpo“.

Se la donna è “oggetto”, l’uomo è il soggetto, la persona intera che fruisce di quel pezzo di corpo.

Cito dalla canzone “Servi della gleba”:

Allora come e’ andata con la tipa?Eh, abbastanza bene.Hai pucciato il biscotto, o almeno hai limonato?No ragazzi, non scherziamo. Lei non e’ una come tutte le altre.Bll b b bll parlaci di lei.

Ah, guardate, questa qui è una tipa devvero simpaticissima, in gambissima. Mi ha raccontato delle cose delle sue ferie divertentissime, ma tipo che lei era andata la’ con un sacco di creme dopo sole, poi ha preso un casino di sole, si e’ bruc …Le hai mostrato il popparuolo?No ma ho buone possibilità .

In questo brano il protagonista dialoga con gli amici, rivelando un contesto rigorosamente omosociale: le relazioni che non sono né romantiche né sessuali possono essere esistere solo fra individui dello stesso sesso e l’unico rapporto con l’altro sesso è il rapporto sessuale. Che la donna sia “simpaticissima” e “in gambissima” non importa a nessuno, alla fine neanche a chi la definisce così: il dialogo con la donna costituisce un fastidioso preliminare al momento topico, un preliminare che l’uomo tollera (ma non gradisce) allo scopo di giungere all’unica conclusione accettabile: “pucciare il biscotto“.

L’uomo che non riesce a “mostrare il popparuolo” viene quindi definito “servo della gleba“, cioè un individuo posizionato nel gradino più basso della piramide sociale.

Ma quale gradino occupa il “triangolino che ci esalta“, la “ghiandola mammaria“, la “pelle liscia“, insomma, quale gradino della piramide sociale occupa la donna?

Un oggetto sessuale, il cui unico fine è quello di accogliere “il biscotto” e far salire in questo modo l’uomo ad un livello superiore, non ce l’ha neanche un posto nella piramide sociale; un posto tutto suo non ce l’ha mai avuto né mai ce l’avrà, perché è un “pezzo di corpo”, uno strumento, e non una persona.

Una donna, inserita in una società che la riduce ad un oggetto sessuale, può decidere – come hanno fatto le ragazzine di Ventimiglia – di trovare un modo per guadagnare qualcosa dalla sua condizione di oggetto sessuale; una decisione definita dalla sociologia patriarchal bargain (letteralmente contratto col patriarcato): una strategia che si prefigge di manipolare il sistema per trarne dei vantaggi per se stessi, lasciando intatto il sistema. Un sistema che divide il genere umano in persone (gli uomini-soggetti) e oggetti (le donne-pezzi di corpo).

Un “contratto col patriarcato” è ad esempio quello che ha stipulato anche la signora Chirico, accettando di rifilarci ancora una volta la storiella del cliente “sfruttato”, del Big Jim ridotto a “servo della gleba” dalla “potente” donna che, tentandolo col suo “triangolino”, ottiene un qualche guadagno: l’uomo (anche quando è più che adulto) è deresponsabilizzato, la donna (anche quando è poco più di una bambina) è una avida manipolatrice e la signora Chirico ha un bell’articolo su Panorama. E nessuno pensa di attribuire il fenomeno delle “baby squillo” al fatto che viviamo in una società patriarcale.

Quello che vorrei dire, alle ragazze che leggono di queste storie, è non ci cascate, non avete nessun “immenso potere” in mezzo alle gambe.

Quello che avete in mezzo alle gambe è l’unica cosa che riescono a vedere di voi. Ma tutto intorno c’è molto, molto di più…

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