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di TK Brambilla*
Nel mio mondo ideale, uomini e donne dovrebbero essere liberi di lavorare per realizzarsi e per raggiungere l’indipendenza economica, dividendosi la gestione dei figli e della casa. Però forse, sempre in quel mondo ideale, dovrebbero essere entrambi liberi di scegliere come ripartirsi le responsabilità della gestione di una famiglia, senza condizionamenti culturali che prevedono una divisione del lavoro in funzione dei generi. Per esempio è possibile che per un certo periodo di tempo uno dei due si occupi del lavoro fuori casa e l’altro di quello in casa. E questa è una scelta che può nascere anche da valutazioni economiche: buona parte dello stipendio dei due dovrebbe altrimenti essere girato a un estraneo che svolgerà quel lavoro al loro posto. La fotografia è però che sono soprattutto le donne a finire in casa, sicuramente per condizionamenti culturali ma anche perché una donna ha molte meno possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro e generalmente ha uno stipendio più basso del marito, rinunciare al più basso è abbastanza ovvio. Le casalinghe quindi si trovano a svolgere almeno il lavoro di collaboratrice domestica e baby sitter, a volte di badante. Si occupano cioè dei figli che sono anche del compagno, lavano e stirano i vestiti che indossa, comprano e cucinano il cibo che mangia, puliscono il gabinetto in cui fa pipì e popò, si occupano insomma al suo posto di una serie di incombenze, permettendogli di lavorare e avere una famiglia senza il doppio lavoro che in genere svolgono le madri lavoratrici. E si occupano anche degli anziani, magari anche quelli del compagno. Sopperiscono quindi anche alla carenza di servizi per bambini e anziani. In sostanza svolgono un lavoro e producono denaro in forma di risparmio. a meno di volere sostenere che colf, baby sitter e badanti sono angeli del focolare nullafacenti. Da sempre la cultura maschilista non riconosce questo lavoro e lo relega alla sfera della soddisfazione e realizzazione femminile mescolando arbitrariamente lavoro e affettività, ottimo alibi per lo sfruttamento di forza lavoro gratuita. Sinceramente non so quale sia la posizione da prendere rispetto alla formalizzazione del lavoro di casalinga/o, quello che è certo è che qualsiasi considerazione in merito non può passare per la negazione del lavoro svolto dalle casalinghe e del suo peso a livello sociale e sull’economia delle singole famiglie. Il primo passo per scardinare l’impostazione patriarcale per cui il lavoro in casa è vocazione femminile è riconoscere che si tratta, appunto, di lavoro. Per di più duro.Per un breve periodo della mia vita ho avuto necessità di fare la casalinga, non è la mia storia. La mia realizzazione professionale e quindi anche umana l’ho cercata e trovata in altri ambiti lavorativi. Lavoro fuori casa e lavoro duramente ma non farei mai la casalinga, Così come del resto a meno di non esserci assolutamente costretta, non farei la badante e la colf, che poi sono quelle che lasciano i propri figli, i propri anziani e le proprie case nelle mani di non si sa bene chi, per occuparsi dei nostri. E ci devono pure ringraziare per il lavoro che offriamo: sembrerebbe che li paghiamo per non fare nulla.* Il post è tratto da una discussione su FB - La busta paga virtuale delle casalinghe

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