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Sui temi che riguardano la pluralità dei generi sessuali e il mondo LGBT, i media fanno molti errori che, a furia di ripetizioni, sono ormai passati nel linguaggio comune. A questo proposito l’associazione Gaynet ha predisposto Otto esercizi per l’informazione. Una proposta per il linguaggio LGBT, un piccolo dizionario chiaro e utile. Ho deciso di pubblicarlo a puntate e comincio da un’espressione oggi molto in voga: fare outing, che molti estendono a qualunque situazione, seria o scherzosa, in cui qualcuno confessi pubblicamente un segreto, vero o presunto. Peccato che bisognerebbe dire fare coming out perché fare outing è tutt’altra cosa. Spiega Gaynet:

“Coming out” è la forma abbreviata dell’espressione statunitense “Coming out of the closet”  – “uscire dall’armadio (a muro)” – per riferirsi al momento in cui una persona non eterosessuale dichiara il proprio orientamento sessuale in ambito familiare, delle amicizie e lavorativo (una persona può aver fatto coming out con gli amici e non in famiglia o viceversa). Si può non essere necessariamente anglofili e sostituire l’espressione “coming out” con l’italianissimo “dichiararsi (con)” (“Il giovane non aveva ancora fatto coming out in famiglia”; “Il giovane non si era ancora dichiarato con la famiglia”). Va anche detto che il fenomeno del coming out, in alcune realtà sociali più fortunate, è in fase di superamento e trasformazione, poiché adolescenti e non iniziano a “lasciar intendere” il loro orientamento sessuale senza porsi il problema di fare una dichiarazione ad hoc.

“Outing” indica invece la dichiarazione pubblica dell’omosessualità di qualcuno o qualcuna fatta da terzi per motivi politici. L’outing è stato praticato dsai primi anni Novanta dal giornalista Michelangelo Signorile come arma politica di difesa contro le persone che pubblicamente si presentano particolarmente fanatiche nella persecuzione pubblica dell’omosessualità, ma nel privato hanno comportamenti omosessuali. Dichiarare pubblicamente l’omosessualità di qualcuno avviene dunque per denunciare pubblicamente l’ipocrisia di chi a parole è una persona “morigeratamente eterosessuale” e nel privato no.

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