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Ieri Enrico Letta è apparso – per l’ennesima volta – in televisione, stavolta ospite dell’Arena di Massimo Giletti, dove ha dato prova – per l’ennesima volta – di una particolare abilità: apparire di continuo senza dare troppo l’impressione di farlo, grazie a uno stile di comunicazione il più possibile neutro, trasparente. Avevo notato questo tratto della comunicazione di Letta fin dal suo insediamento: talmente sobrio che nemmeno si nota che lo è (a differenza di Monti, la cui sobrietà fu talmente marcata da finire, prima, nella caricatura e poi nel contrario della sobrietà, fatto di cagnolini e «wow»). Aggiungerei ora un altro aggettivo per qualificare lo stile di Letta:assertivo. Di cosa è fatta questa assertività? Di molti dettagli, verbali e non.

Con le parole: la ripetizione di espressioni come «Sono convinto, sono sicuro, certo…»; l’uso frequente del modo indicativo (soprattutto al tempo presente e futuro), che Letta preferisce al condizionale e al congiuntivo; la messa in sequenza di frasi brevi collegate da congiunzioni coordinanti, come fossero sentenze. Con i gesti: mentre parla, la sua testa si muove spesso in senso verticale, come dicesse «sì» a se stesso, come si approvasse da solo; le sue mani scandiscono spesso, di taglio, le frasi-sentenza; il dito indice è spesso rivolto all’interlocutore, per coinvolgerlo o accusarlo, a seconda dei casi; i movimenti degli avambracci in espansione, che esprimono sicurezza e dominio, ben si alternano a quelli in chiusura, che servono a focalizzare l’attenzione. Con le espressioni del volto: le sue sopracciglia sono spesso aggrottate, ma lo sono il giusto, nel senso che tendono a esprimere più serietà e concentrazione, che tristezza o preoccupazione; infine sorride poco, e quando lo fa tende a non mostrare i denti e a lasciare il resto del volto contratto, come per dire «Non mi distraggo, sto sul pezzo».

È giusto, questo modo di comunicare? Sbagliato? Efficace? Non c’è una risposta generale. È certo un stileadatto al momento di crisi, perché è rassicurante (Letta sembra uno che sa quel che dice), e perché l’espressione accigliata e gli scarsi sorrisi sono la cosa migliore quando «non c’è niente da ridere». Inoltre è proprio grazie al misto di neutralità e assertività – uno stile che potrei chiamare «neutrassertivo» – che da un lato i comici lo risparmiano (difficilissimo imitare chi è privo di tratti marcati), dall’altro i media non lo inchiodano (troppo) a svarioni e promesse vane, che pure ci sono, eccome se ci sono (come la promessa sulla legge elettorale, che doveva essere cambiata entro fine ottobre, ricordi?). Tutto ciò che Letta dice (e fa) si nota poco, insomma, errori inclusi. Perciò passa e va.

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