image

A un anno dall’enorme successo di Real Beauty Sketches, Dove Unilever ci riprova con Beauty Patches, un video che in 4 minuti mostra una sorta di esperimento: una psicologa consegna un cerotto a un gruppo di donne che dichiarano problemi nell’accettare il loro aspetto fisico («Ultimamente evito quasi di guardarmi allo specchio», dice una, «Quando mi guardo trovo molte imperfezioni», fa un’altra, e così via). «Con questo cerotto stai per vivere un’esperienza unica e meravigliosa –annuncia la psicologa – e per farlo ti bastano due cose: un cerotto della bellezza e un video-diario da aggiornare ogni giorno».

All’inizio le donne non notano niente di particolare, ma alla fine, dopo aver indossato il cerotto per due settimane, dichiarano che sì, in effetti qualcosa è cambiato: si sentono più a loro agio con se stesse, più sicure, più belle. Per poi scoprire – com’era facile immaginare – che nel cerotto non c’era un bel nulla: puro effetto placebo. «La bellezza è uno stato della mente» conclude Dove. E lo spot pretende di ricordare alle donne che, senza autostima, nessuna può sentirsi bella né in pace con se stessa.

Ho sempre apprezzato le campagne Dove, che dal 2004 ci ricordano che solo il 4% delle donneal mondo si considera bella (in aumento rispetto al 2% del 2004), le ho sempre difese da chi vi evidenziava una contraddizione insanabile: ti scagli contro la bellezza idealizzata e omologata imposta dalle multinazionali della cosmesi e della moda, dicevano le critiche, ma pur sempre proponi alle donne la bellezza come unità di misura fondamentale per valutarsi, apprezzarsi, volersi bene. Una contraddizione che, attenzione, ha di fatto sempre contribuito ad alimentare il successo virale delle campagne dell’azienda Dove perché, si sa, «nel bene o nel male, purché se ne parli» è una regola elementare della comunicazione di massa. Ho sempre difeso la comunicazione Dove perché comunque propone un modello di bellezza diverso e più vicino alle donne in carne e ossa, comunque lo fa da dieci anni, comunque è l’unica multinazionale della cosmesi a farlo.

Va detto però che, con questo video, Dove ha toccato un limite estremo, da cui sarebbe meglio tornasse indietro: come si può pensare di nutrire l’autostima delle donne rappresentandole come povere ingenue(per usare un eufemismo), pronte a credere ai miracoli di un «cerotto di bellezza»? Anche se le polemiche contribuissero ad alzare i numeri di Beauty Patches, la credibilità del marchio non ne uscirà – questa volta – completamente e pienamente rinforzata.

Questo articolo esce in contemporanea su Wired Italia.

Archiviato in:nuovi media, pubblicità commerciale

Leggi tutto... http://giovannacosenza.wordpress.com/2014/04/14/dove-unilever-e-il-cerotto-della-bellezza/