Jacqueline ha sopportato, sopportato, sopportato. Del resto aveva visto sua madre fare come lei per una vita: zitta, anche quando diventavano evidenti i segni delle botte che suo padre non le risparmiava. Ha sopportato, dicevamo, Jacqueline. Per quarantasette anni. Finché in quel momento, quel giorno d’autunno del 2012, davanti a quell’ennesima umiliazione, «è diventato tutto chiaro e ho capito cosa avrei dovuto fare», come dice lei. Ha imbracciato la carabina e ha fatto fuoco. Tre colpi e Norbert, suo marito, ha smesso di respirare e di essere il suo problema.

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