Quando ero un bravo genitore, ossia prima di diventarlo, non facevo altro che sognare quello che avrei fatto con mio figlio. Lo avrei portato sulle spalle, avrei letto per lui, gli avrei cantato e dedicato un sacco di canzoni d’amore. Poi mi sono accorto che non avevo pensato al suo bisogno di strapparmi i capelli (impellente, non appena la mia chioma gli arriva a tiro), alla sua bassa soglia d’attenzione, al suo rispetto per l’intonazione vocale.

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