Ci sarà un tempo in cui ai tavoli dei convegni qualcuno sarà chiamato a rappresentare i sopravvissuti alla pandemia? Me lo chiedo in questi giorni, complice un assai arguto post di Claudia Durastanti sulle scritture che si articolano attorno al trauma: in questo caso il trauma, insanato, è quello del razzismo e dell'odio sociale. La domanda può sembrare strana e persino inopportuna, ma ha una sua profonda pertinenza in come siamo fatti, nella nostra coazione a incasellare, qui le donne che parlano di donne, qui i neri che parlano di neri, e le stesse persone solo con enorme difficoltà si chiamano nelle grandi discussioni letterarie.

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