Alcune osservazioni estratte dallo studio “Custody Evaluations When There Are Allegations of Domestic Violence: Practices, Beliefs, and Recommendations of Professional Evaluators (Michael S. Davis, Ph.D.; Chris S. O’Sullivan, Ph.D.; Kim Susser, JD; Hon. Marjory D. Fields, JD; 2011)

Le indagini ci dicono che dal 15 al 40% delle donne che hanno subito violenza durante una relazione continuano a subirla anche dopo la separazione. Tuttavia in alcuni casi l’abuso comincia con la separazione. Mahoney (1991) ha coniato l’espressione “separation assault” per descrivere il perdurare o l’insorgere di abusi fisici sul partner quando questi cerca di interrompere la relazione, nel corso della separazione o dopo il divorzio…

Un fattore di criticità nel pianificare un accordo post separazione è stabilire se un partner abusante desisterà dal comportamento violento una volta conclusa la relazione oppure, servendosi dei figli, non continuerà piuttosto ad abusare dell’altro genitore fisicamente e psicologicamente, per mezzo diminaccee stalking.

La necessità di proteggere il genitore vittima di violenza emerge con evidenza dagli studi sull’affido condiviso, nei casi in cui vi sia stata violenza oppure in caso di un alto livello di conflittualità.

Non è possibile prevedere con certezza se un soggetto violento desisterà o persisterà nel suo comportamento.

Ci sono comunque alcuni indicatori che si possono tenere in considerazione quando in gioco c’è la sicurezza del partner abusato o dei minori coinvolti, indicatori che permettono di prevedere se è più probabile che l’abusante persista nell’atteggiamento persecutorio.

Il primo fattore da considerare è sicuramente il comportamento tenuto in passato.Guardare alla storia del soggetto, al suo comportamento quando la relazione era in corso, è sicuramente il modo migliore per fare ipotesi sul futuro. Se durante la relazione sono stati perpetrati gravi abusi contro il partner, è probabile che sarà usata violenza anche sui minori; le ricerche in merito ci dicono che solo nel 7% dei casi in cui c’è stato abuso sul partner non ci sono abusi anche sui bambini. Diversi studi dimostrano che in una percentuale che va dal 40 al 60% concorrono violenza domestica e abusi su minore (Edleson, 1995; Herrenkohl, Sousa, Tajima, Herrenkohl, and Moylan, 2008; Saunders, 2003).

Anche in assenza di violenza fisica sui minori, il genitore colpevole di violenza domestica risulta autoritario e rigido, ossessionato dal controllo (Bancroft and Silverman, 2002; Stark, 2007): spesso è un genitore che impone regole senza spiegare le ragioni che le sottendono, che pretende obbedienza e non tollera obiezioni, che controlla i figli attraverso il biasimo ed altre punizioni emotive, che non incoraggia un rapporto basato sul “dare e avere”, su cui si fonda una sana genitorialità.

Ci sono anche fattori che permettono di valutare il rischio che il genitore violento torni ad aggredire il partner.

E’ importante ricordare che i momenti più pericolosi sono quelli che precedono e seguono la separazione. Il momento della rottura è quello più rischioso per la vittima di violenza domestica, perché la decisione di sottrarsi al controllo del partner abusante mette in discussione il potere che questi ritiene di aver acquisito. Molti omicidi hanno luogo proprio in questo momento critico.

Un altro fattore di rischio è la presenza di figli: le donne che hanno avuto figli da un partner violento sono 4 volte più a rischio delle donne senza figli.

Le donne con figli e le donne vittime di stalking da parte dell’ex partner sono quelle che più probabilmente subiranno dopo la separazione un escalation di aggressioni, sempre più violente.

Un indicatore importante del fatto che queste aggressioni possano diventare letali è l’uso di armi da parte del partner abusante: se la donna è stata minacciata o aggredita con una pistola o un’altra arma, è molto probabile che – se non adeguatamente protetta – sarà uccisa.

Altri campanelli d’allarme sono: se l’uomo ha violato un eventuale ordine restrittivo presdisposto dal Tribunale o se manifesta una gelosia ossessiva…

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“Ti ammazzo. Ti faccio bruciare la casa. Vengo lì e ti porto via il bambino”

Queste sono le minacce che riporta il servizio delle Ienesul “povero padre” che “ha perso” suo figlio (l’ha perso, come un mazzo di chiavi… era distratto, forse?).

Lo stesso padre che, quando il figlio era in casa con lui, dedicava parecchio tempo ad altre donne.

Lui si definisce “un padre difensivo e protettivo”.

Certo, è un gran bel modo di “difendere” il proprio figlio: minacciare di morte la madre,  terrorizzarla al punto da convincerla che la cosa giusta fosse far perdere le sue tracce.

Da LA VIOLENZA ASSISTITA: UN MALTRATTAMENTO “DIMENTICATO” – DATI EPIDEMIOLOGICI ED ANALISI DEL CONTESTO – Dott.ssa Nastinga Drei, Responsabile Progetto sostegno ai minori vittime di violenza assistita – Aprile 2008: “I bambini esposti a violenza domestica provano paura, terrore, confusione, impotenza erabbia e vedono le figure di attaccamento da un lato terrorizzate e disperate, dall’altro pericolose e minacciose; questi bambini provano la pena di esistere poco perché non visti nella propria sofferenza dai genitori… nei bambini testimoni di violenze può essere presente il senso di colpa per il fatto di sentirsi privilegiati quando non vittimizzati direttamente, nello stesso tempo possono percepirsi come responsabili della violenza perché cattivi e sentirsi impotenti a modificare la situazione con conseguenti problemi appunto di depressione, ansia, vergogna, disperazione; i piccoli possono sviluppare comportamenti adultizzati d’accudimento verso uno o entrambi i genitori ed i fratelli e diventare protettori mettendo in atto a tal fine numerose strategie … le piccole vittime di violenza assistita apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive (esse possono essere incoraggiate o costrette ad insultare o picchiare la madre ed i fratelli) e che l’espressione di pensieri, sentimenti, emozioni è pericolosa in quanto può scatenare violenza; in alcune ricerche si rileva una più alta incidenza negli adolescenti di comportamenti devianti e delinquenziali: la violenza assistita è considerata una delle cause delle fughe da casa, del bullismo, della violenza nei rapporti sentimentali tra adolescenti e dei comportamenti suicidiari… Senza un intervento finalizzato alla protezione fisica e psicologica ed alla cura degli effetti post-traumatici, i bambini possono avviarsi alla vita adulta con un bagaglio di problematiche comportamentali e psicologiche cronicizzate.”

Maltrattare il parter è una forma di abuso sul bambino.

Questo è un padre abusante, non un padre amorevole e protettivo.

Scopriamo nel corso della puntata che, dopo la nascita del bambino, quest’uomo era diventato violento, “spaccava tutto in casa”, e faceva uso di sostenze stupefacenti (“siamo stati sposati 6 anni” – racconta lei – “tre belli e tre brutti”).

A tale proposito, vi riporto uno dei questionari che servono a valutare le situazioni di richio, in caso di separazioni causate da violenza domestica:

Il questionario di valutazione del pericolo(di Jacquelyn Campbell, 2004)

1. Le violenze fisiche sono aumentate – nel numero o nella gravità – nell’ultimo anno?    2. Lui possiede un’arma da fuoco?    3. Lo hai mai lasciato nell’ultimo anno vissuto insieme?    4. È disoccupato?    5. Ha mai usato un’arma contro di te o ti ha mai minacciata con un’arma letale? In questo caso, era un’arma da fuoco?    6. Ha minacciato di ucciderti?    7. Ha evitato in passato un arresto per violenza domestica?    8. Hai un figlio non suo?    9. Ti hai mai forzata a fare sesso con lui?    10. Ha mai tentato di strangolarti?    11. Fa uso di sostanze stupefacenti illegali (anfetamine, metanfetamine, speed, fenciclidina, cocaina, crack)?    12. È un alcolista o ha problemi con l’alcool?    13. Controlla la maggior parte delle tue attività quotidiane? Per esempio, ti dice chi può esserti amico e chi no, quando puoi vedere la tua famiglia, quanto denaro puoi spendere o quando puoi prendere la macchina?    14. È costantemente e violentemente geloso di te? Per esempio, ti dice cose come «se non posso averti io, non può averti nessuno»?    15. Sei mai stata picchiata da lui quando eri incinta?    16. Ha mai tentato di suicidarsi o minacciato di farlo?    17. Ha mai minacciato di fare del male ai tuoi figli?    18. Lo ritieni capace di ucciderti?    19. Ti segue o ti spia, ti lascia messaggi di minacce, distrugge le tue cose o ti chiama quando tu non vuoi che ti chiami?    20. Hai mai tentato di suicidarti o minacciato di farlo?

“Se tu mi lasci dò 300 euro ad un marocchino, che ti brucia la faccia, così tu non sarai né mia né di nessun altro”, questa una delle frasi del “papà distrutto”.

“Lo sai, dentro di te, che non potrai vietargli (al bambino) di vedere il padre”, risponde il conduttore, quando la donna racconta cosa ha passato.

Io leggo, tra le righe: non ha importanza quanto orribile sia stato il comportamento di questo padre, perché comunque il figlio è suo e ha tutto il diritto di reclamarlo. Se non accetti quello che ti proponiamo, ci penserà un Giudice italiano a farti cambiare idea.

Poi, ancora più crudele: lo sappiamo che hai paura, ma ricordati che un domani tuo figlio potrebbe rimproverarti per le tue scelte, potrebbe dirti “Chi sei tu per avermi negato mio padre?”

Insomma, mettere a rischio la propria vita, consegnarsi spontaneamente all’uomo che l’ha minacciata di morte, sarebbe il suo dovere di madre. Perché che madre è una che non è disposta a morire per il proprio figlio? Una madre che non mette in conto la propria morte non è una brava madre.

Lei obietta: “Lui poco tempo fa mi scriveva tutte queste minacce e adesso è cambiato?” (perché non è così facile accettare di affidarsi nuovamente al proprio aguzzino…)

“Tutti noi diciamo delle cose che non pensiamo”, risponde l’intervistatore. Ovvero: non esageriamo, non ti farà davvero del male.

Vorrei ricordarvi che pochi giorni fa il Presidente Napolitano ha accolto Lucia Annibali, che la faccia bruciata ce l’ha avuta davvero. In quell’occasione la Presidente della Camera ha commentato: “Se c`è violenza non c’è amore. Lucia è la testimonial più efficace di questo messaggio”.

Facendo leva sul senso di colpa ed ignorando il messaggio di Lucia Annibali, la Iena convince la donna a riaccogliere il marito nella sua vita.

Questo padre ricomincerà ad essere violento? Non possiamo saperlo. Non sappiamo neanche se si è disintossicato, se segue un programma di recupero dalla tossicodipendenza. Nessuno si è preoccupato di valutare il rischio che qualcosa di terribile possa succedere alla madre o al bambino.

Le Iene il problema non se lo pongono mai: siccome ha procreato, un padre è comunque un bravo padre e l’unica cosa veramente importante è aver tutelato il diritto di proprietà sul frutto dei suoi lombi.

Le Iene hanno svelato ad un uomo che aveva più volte minacciato di uccidere l’indirizzo di casa della donna minacciata. Di più: hanno creato le condizioni affinché quest’uomo vi entrasse, in quella casa.

“Come per magia… Come in una favola tutto torna quasi come prima” conclude la Iena.

Peccato che “prima” non ci fosse nessuna “favola”, ma solo violenza, minacce e paura. E io non ci trovo niente di “magico” nell’idea che tutto possa ricominiciare.

Le Iene, a parer mio, si sono assunte una tremenda responsabilità con questo servizio, senza avere le competenze per farlo. Un domani quel bambino potrebbe chiedere conto a loro: “Chi sei tu, per avermi riportato quell’uomo dentro casa?”.

Sulle Iene:

Le Iene normalizzano violenza e minacce

Le Iene sullo stupro: questa non informazione, è violenza

Ancora sulle Iene: la ragazza con la pistola

Le Iene e i poveri papà separati

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