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- Categoria: Ricciocornoschiattoso
- Pubblicato: 22 Febbraio 2014
Se io sostenessi che tra la Terra e Marte ci fosse una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al Sole su un’orbita ellittica, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi purché io avessi la cura di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata persino dal più potente dei nostri telescopi. Ma se io dicessi che, giacché la mia asserzione non può essere smentita, dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe giustamente che stia dicendo fesserie. Se però l’esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità e instillata nelle menti dei bambini a scuola, l’esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all’attenzione dello psichiatra in un’età illuminata o dell’Inquisitore in un tempo antecedente. (Is there a God?, Bertrand Russel)
Il motivo per cui la religione organizzata merita ostilità aperta è che, a differenza della fede nella teiera di Russell, la religione è potente, influente, esente da imposte e inculcata sistematicamente in bambini troppo giovani per difendersi da sé. Niente obbliga i bambini a trascorrere i propri anni formativi memorizzando pazzi libri che parlano di teiere. Le scuole sovvenzionate dal governo non escludono bambini i cui genitori preferiscono teiere di forma sbagliata. I credenti nella teiera non lapidano i non credenti nella teiera, gli apostati della teiera, i blasfemi della teiera. Le madri non mettono in guardia i loro figli sullo sposare dei pagani, i cui genitori credono in tre teiere invece che in una. Le persone che mettono prima il latte non gambizzano quelle che mettono prima il tè. (Il cappellano del Diavolo, Richard Dawkins)
Ieri vi raccontavo di un video dal titolo “La vita umana: prima meraviglia”.
A segnalarmelo è stata un mamma, protagonista di una curiosa vicenda, che vado a raccontarvi.
Al momento della consegna delle pagelle, la docente di religione comunica che sospenderà il normale programma di seconda media e nel secondo quadrimestre proporrà ai suoi studenti un corso definito “educazione all’affettività”, durante il quale affronterà tematiche come la contraccezione, la pornografia, il bullismo, le tossicodipendenze. Contestualmente comunica che il corso sarà in linea con le posizioni del “Movimento per la Vita”.
Checché se ne pensi, essere cattolici non implica necessariamente sentirsi a proprio agio all’interno del cosiddetto “Movimento per la Vita”, che assume posizioni piuttosto “radicali” su molte tematiche.
Per citarne una, il “Movimento per la Vita” si è apertamente schierato contro l’estensione anche all’omofobia e alla transfobia dell’articolo 3 della legge Mancino, la legge del 1993 che prevede un’aggravante della pena – fino alla metà – per i reati del codice penale commessi sulla base di “discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.”
Nominare l’omofobia, secondo questo movimento, equivale ad abbracciare l’ideologia del gender.
Tutelare le persone LGBT insieme a quelle discriminate per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi darebbe il via ad una serie di infausti eventi: (cito dal loro sito) dalla “tutela da comportamenti persecutori” si passerebbe immediatamente al “diritto di tutti a tutto“.
Cito ancora: se il Parlamento italiano dovesse approvare definitivamente questa proposta di legge sarebbe messa in gioco la libertà di opinione, poiché una siffatta legge, così come formulata, non potrebbe non avere gravi ripercussioni sui diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione, tra cui il diritto alla libertà di pensiero (art.21) e alla libertà religiosa (art.19).
Per alcuni cattolici la “libertà di opinione” o la “libertà religiosa” non hanno nulla a che fare con termini quali “discriminazione, odio o violenza” e riconoscono in simili ragionamenti quella fallacia logica che prende il nome di “pendio scivoloso“, con il quale si sostiene che permettere o accettare una certa azione comporterebbe un inevitabile scivolamento verso un risultato considerato orribile.
Fra il tutelare le persone LGBT da comportamenti persecutori e le “gravi ripercussioni sui diritti fondamentali dell’uomo” non c’è infatti nessun legame di causa ed effetto.
Immaginate per un attimo una persona che imposta una lezione sul bullismo su questo genere di ragionamenti fallaci.
Comunque, a prescindere dalle ragioni (che riguardano la mamma in questione e la sua famiglia, nessun altro), questa donna decide che la piega che hanno preso le lezioni non le piace e si rivolge alla segreteria della scuola per chiedere come fare affinché il figlio non debba più seguire le lezioni di religione.
A tale proposito, cito dal sito UAAR:
Scegliere se frequentare o no l’insegnamento di religione cattolica è un diritto, fondato sulla libertà di pensiero; deve avvenire liberamente, non deve comportare discriminazioni di alcun genere, ognuno è tenuto a dare e a pretendere il rispetto dovuto alle questioni di coscienza.
I genitori per i propri figli, e gli studenti, se maggiori di 14 anni, devono effettuare la scelta all’atto dell’iscrizione; là dove l’iscrizione avviene d’ufficio, la scuola deve comunque ogni anno fornire un’adeguata informazione e garantire la possibilità di modificare o confermare la scelta (T.U. art.310)…
Talvolta genitori o studenti desiderano modificare la scelta precedentemente espressa in ordine all’irc e la scuola si oppone adducendo motivi organizzativi e richiamando quanto previsto dall’Intesa Falcucci-Poletti richiamato successivamente nel T.U.
La bozza di lettera che segue evidenzia alcuni motivi per cui non si può in nessun caso obbligare allievi che non lo desiderino a frequentare un insegnamento confessionale.
A ciò si può aggiungere il fatto che la riduzione del numero degli allievi non ha alcuna conseguenza per l’irc, unico insegnamento per il quale si può costituire una classe anche con un unico allievo.
Cito anche la lettera:
Gentile (dirigente scolastico)
siamo stati informati del fatto che i genitori di alcuni allievi della sua scuola, non desiderando che i loro figli frequentino le lezioni dell’insegnamento confessionale di religione cattolica, Le hanno chiesto di autorizzare il passaggio dei bambini dal gruppo di religione cattolica a quello di “attività alternative” e che questo passaggio non sarebbe possibile in quanto richiesto “fuori tempo massimo”.
Siamo consapevoli che la norma stabilisce che la scelta va effettuata al momento dell’iscrizione e che vale per tutto l’anno scolastico, ma riteniamo evidente che una disposizione dalle chiare finalità organizzative non può limitare diritti costituzionalmente tutelati quali la libertà di coscienza dei genitori e dei bambini e la responsabilità educativa dei genitori.L’insegnamento religioso cattolico, infatti, non è una qualunque disciplina facoltativa che si attiva su richiesta e la cui frequenza non coinvolge in alcun modo la coscienza degli allievi: è una materia la cui connotazione confessionale è dimostrata, e sostenuta, dall’intera normativa che la riguarda, dal reclutamento e dalle condizioni di mantenimento in servizio dei docenti ai programmi.Tale normativa è stata più volte oggetto di sentenze della Corte Costituzionale, che hanno evidenziato quanto sia sottile il confine fra costituzionalità e incostituzionalità in questa materia: in particolare le sentenze 203/1989 e 13/1991 hanno sottolineato come si debba considerare interesse prevalente quello della libertà religiosa e come solo la piena facoltatività dell’insegnamento confessionale permetta di considerarlo costituzionale.Appare evidente che obbligare dei ragazzi, tanto più dei bambini, a frequentare un insegnamento confessionale contro la volontà dei genitori configurerebbe una gravissima lesione dei diritti loro e dei genitori: tanto grave da mettere in discussione la costituzionalità stessa della presenza dell’insegnamento di religione cattolica nella scuola e da legittimare azioni anche legali dei genitori a tutela dei diritti propri e dei figli. E infatti tutti i casi simili a questo di cui siamo venuti a conoscenza nel corso di questi anni si sono risolti autorizzando gli allievi a non seguire (o, in qualche caso, a seguire) l’insegnamento confessionale anche in difformità dalla scelta precedentemente espressa.
Nella certezza che anche nella Sua scuola prevarrà un’interpretazione della legge attenta alla tutela della libertà religiosa e di coscienza di bambini e genitori e della libertà educativa dei genitori, restiamo a sua disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento e La salutiamo cordialmente.
Come era prevedibile, la signora in questione si è sentita rispondere che il trasferimento del figlio non è possibile per ragioni burocratiche.
Allora, per non creare problemi, ha pensato di poter di approfittare del fatto che la lezione del figlio si svolge all’ultima ora e ha proposto alla Dirigente scolastica di portare a casa il figlio un’ora prima firmando regolare giustificazione.
La Dirigente scolastica ha obiettato che, sebbene la madre sia libera di agire in questo modo, le assenze potrebbero finire col compromettere la valutazione complessiva del figlio.
E’ rispetto della libertà di pensiero questa?
A me sembrano velate minacce…
I credenti della teiera non dovrebbero minacciare coloro che preferiscono una teiera diversa (o nessuna teiera)… se questo fosse un paese che davvero difende la libertà di opinione.
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