Procter Gamble rifà «Thank you, Mom». Ed è subito virale. E strappalacrime
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- Categoria: Giovanna Cosenza
- Pubblicato: 08 Gennaio 2014
Dopo il successo planetario dello spot «Thank you, Mom» che aveva accompagnato i giochi olimpici di Londra nel 2012, Procter & Gamble si fa ancora una volta «proud sponsor of Moms» per i giochi invernali che si terranno a Sochi, in Russia, dal 6 al 23 febbraio 2014. Ed è subito virale: pubblicato il 5 gennaio sul canale YouTube di Procter & Gamble, ha già ottenuto circa 2 milioni e 500 mila visite. La formula è la stessa del 2012 e, anche se lo spot è meno brillante del primo, è ancora una volta un potente strappalacrime, per gli stessi motivi che avevo illustrato all’epoca:
- Se sei mamma piangi per prima, perché riconosci nello spot i tuoi sforzi quotidiani. Piangi se ti senti di aver seguito (o di seguire) i figli come nello spot, ma pure se pensi di non aver fatto tutto ciò che avresti voluto, potuto o dovuto, perché in questo caso ti senti in colpa.
- Se non hai figlilo spot ti frega lo stesso, perché comunque una madre ce l’hai o l’hai avuta. Perciò piangi se ti sei sentita amata come quei bambini: per somiglianza. E piangi pure se non ti sei sentita – abbastanza o per niente – amata come loro: per dolorosa differenza. Il che vale anche se sei un uomo, naturalmente (che tu sia padre o no): magari non piangi, perché molti non se lo permettono, ma ugualmente lo spot ti muove qualcosa dentro.
- Ma pure se il tema della madre non ti tocca, lo spot può fregarti. E lo fa col frame sforzi per raggiungere un obiettivo o, meglio ancora, per ottenere il successo, ossessione globale ormai. Perché qui ci sta un po’ tutto: dagli studi per il diploma alla laurea, dalla conquista di un lavoro a quella di un amore. E anche stavolta, non importa che tu abbia raggiunto o meno i tuoi obiettivi, non importa che tu ti senta di successo o no: nel primo caso piangi per identificazione, nel secondo per esclusione. E se proprio non versi lacrime, resti lì come un allocco.
Poi ci sono sempre i sapientoni che davanti allo spot alzano barriere di rifiuto: perché «strappalacrime» (appunto) o semplicemente «perché è uno spot» (in effetti l’apparizione dei marchi finali è una frustata). Ma gli snob ci sono sempre e pazienza: magari hanno qualche problema con la mamma. Resta il fatto che Procter & Gamble ha messo a punto un dispositivo perfetto per colpire nelle viscere un target vastissimo: quello delle persone che hanno figli (alcuni), che hanno una mamma (tutti), o che si riconoscono nel mito occidentale del successo (molti). E io? Ho pianto anch’io naturalmente. Per una delle ragioni sopra elencate e per una in più: se nello spot del 2012 qualche papà c’era, qui la figura del padre è del tutto scomparsa. Poveri padri. E povere mamme sole.
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