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Dopo il successo planetario dello spot «Thank you, Mom» che aveva accompagnato i giochi olimpici di Londra nel 2012, Procter & Gamble si fa ancora una volta «proud sponsor of Moms» per i giochi invernali che si terranno a Sochi, in Russia, dal 6 al 23 febbraio 2014. Ed è subito virale: pubblicato il 5 gennaio sul canale YouTube di Procter & Gamble, ha già ottenuto circa 2 milioni e 500 mila visite. La formula è la stessa del 2012 e, anche se lo spot è meno brillante del primo, è ancora una volta un potente strappalacrime, per gli stessi motivi che avevo illustrato all’epoca:

  1. Se sei mamma piangi per prima, perché riconosci nello spot i tuoi sforzi quotidiani. Piangi se ti senti di aver seguito (o di seguire) i figli come nello spot, ma pure se pensi di non aver fatto tutto ciò che avresti voluto, potuto o dovuto, perché in questo caso ti senti in colpa.
  2. Se non hai figlilo spot ti frega lo stesso, perché comunque una madre ce l’hai o l’hai avuta. Perciò piangi se ti sei sentita amata come quei bambini: per somiglianza. E piangi pure se non ti sei sentita – abbastanza o per niente – amata come loro: per dolorosa differenza. Il che vale anche se sei un uomo, naturalmente (che tu sia padre o no): magari non piangi, perché molti non se lo permettono, ma ugualmente lo spot ti muove qualcosa dentro.
  3. Ma pure se il tema della madre non ti tocca, lo spot può fregarti. E lo fa col frame sforzi per raggiungere un obiettivo o, meglio ancora, per ottenere il successo, ossessione globale ormai. Perché qui ci sta un po’ tutto: dagli studi per il diploma alla laurea, dalla conquista di un lavoro a quella di un amore. E anche stavolta, non importa che tu abbia raggiunto o meno i tuoi obiettivi, non importa che tu ti senta di successo o no: nel primo caso piangi per identificazione, nel secondo per esclusione. E se proprio non versi lacrime, resti lì come un allocco.

Poi ci sono sempre i sapientoni che davanti allo spot alzano barriere di rifiuto: perché «strappalacrime» (appunto) o semplicemente «perché è uno spot» (in effetti l’apparizione dei marchi finali è una frustata). Ma gli snob ci sono sempre e pazienza: magari hanno qualche problema con la mamma. Resta il fatto che Procter & Gamble ha messo a punto un dispositivo perfetto per colpire nelle viscere un target vastissimo: quello delle persone che hanno figli (alcuni), che hanno una mamma (tutti), o che si riconoscono nel mito occidentale del successo (molti). E io? Ho pianto anch’io naturalmente. Per una delle ragioni sopra elencate e per una in più: se nello spot del 2012 qualche papà c’era, qui la figura del padre è del tutto scomparsa. Poveri padri. E povere mamme sole.

Archiviato in:pubblicità commerciale Tagged: giochi olimpici invernali, P&G, Procter & Gamble, pubblicità commerciale, spot

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