A settant’anni dalla morte di Evita Perón, Iaia Caputo racconta La versione di Eva

la versione di EvaQuando andai per la prima volta a Buenos Aires, nei primi anni Novanta, avevo il vago presentimento che dall’altra parte dell’oceano ci fosse qualcosa che mi riguardava, ma allora ignoravo che si trattasse di lei. Credo mi aspettasse da sempre in un punto indeterminato dello spazio e del tempo. Per quasi trent’anni sono stata ossessionata da Evita: ho letto infinite versioni della sua storia, biografie, romanzi, alcuni memorabili, ho visto film, nei quali immancabilmente la protagonista si limita a essere un pallido clone o una parodia di Eva, compresa Madonna; ho visionato ore e ore di documenti filmati dell’epoca, di testimonianze di amiche fedeli e di nemiche velenose, di vecchi compagni dei tempi del cinema e della radio, delle tante persone che dicono, spesso millantando un’intimità mai esistita, di esserle state vicine nei lunghi mesi della malattia, di aver raccolto il suo testamento spirituale, le sue ultime parole… Ma più accumulavo materiale, più sapevo di lei, e più mi diventava impossibile scriverne.

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