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C’era una volta un libro che si chia­mava “Non cre­dere di avere diritti” della Libre­ria delle donne di Milano (Rosen­berg & Sel­lier) che spie­gava come inse­guire l’uguaglianza tout court signi­fi­casse per le donne rima­nere subal­terne all’ordine patriar­cale: un libro che elen­cando le con­qui­ste fatte fino a quel momento (1987), spie­gava che l’emancipazione senza un cam­bia­mento strut­tu­rale della società basata su un potere maschile, non era suf­fi­ciente a cam­biare la con­di­zione delle donne in maniera pro­fonda: con­qui­ste che, seb­bene ne aves­sero miglio­rato le con­di­zioni di vita, non ave­vano intac­cato quello che era, e con­ti­nuava a essere, il nodo del potere maschile e il suo eser­ci­zio.

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