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Tutti quelli che conoscono il lutto, sanno quanto sia devastante il vuoto che lascia una persona amata: un vuoto che non c’è possibilità di riempire, mai.

Certo, si impara a convivere con quella costante e angosciante percezione dell’assenza, quel “mai più” che risuona come un verso straziante e crudele.

Ma Antonella Penati non si limita a sopravvivere, e per questo nutro nei suoi confronti una sconfinata stima.

Della sua tragedia personale ha fatto testimonianza, trovando il coraggio e la forza per raccontare e raccontare ancora, affinché in un prossimo futuro nessuno debba più patire una analoga ingiustizia.

Perché la storia di Federico Bakarat è la storia di una insensata ingiustizia.

Federico Bakarat doveva essere protetto: la madre lo aveva chiesto in tutti i modi, e per questo è stata accusata di essere una cattiva madre.

E’ il paradosso della “friendly parent provision“, della quale ho parlato in termini tecnici, ma che con il caso di Federico Bakarat emerge in tutto il suo orrore.

La morte di Federico Bakarat non è un caso isolato.

La scorsa estate Pasquale Iacovone ha ucciso i due figli, Andrea e Davide, dopo aver annunciato alla ex-moglie la terribile vendetta che aveva in mente.

Quest’anno a Paina, in Brianza, un padre ha sgozzato i due figli di 2 e 9 anni.

In Australia un padre a ucciso il figlio di 11 anni, con una mazza da cricket:

Despite his issues, Ms Batty said she believed the only threat he had posed was to her, not the son they both loved.

Credeva, Mrs Batty, che l’uomo potesse essere una minaccia per lei, solo per lei, ma non per il figlio, che entrambi amavano. Così quando, dopo la partita, il figlio le ha chiesto “Posso allontanarmi un attimo con papà?” la donna ha acconsentito, senza minimamente immaginare quello che sarebbe accaduto di lì a poco, davanti ad una folla di genitori impotenti ed atterriti.

Cito da un documento dell’Apa:

Sebbene molta gente ritenga che i padri dovrebbero godere di un accesso ai figli equivalente alle madri dopo una separazione, l’idea di una suddivisione paritaria si basa sul principio che i padri agirebbero nel migliore interesse dei figli. Tuttavia questo principio si rivela piuttosto naif quando di mezzo c’è la violenza domestica.

Ancora più surreale la vicenda di Gunnar Schumacher, drogato e strangolato a pochi giorni dal suo quindicesimo compleanno.

La madre Christina, aveva denunciato le violenze subite prima e dopo la separazione dal marito: “I told the judge everything… and he didn’t believe me“: non è stata creduta.

Neanche la Polizia le crede, quando chiede aiuto in preda al panico perché il figlio, affidato al padre, non risponde al telefono. Si decideranno ad intervenire solo il giorno dopo e, una volta trovato il corpo senza vita del ragazzo, il Giudice ordinerà che la donna, distrutta dal dolore, venga internata in un istituto psichiatrico, dove la terrano contro la sua volontà per settimane.

“I hate him. I f***** hate him. If he had listened to me my son would be alive.”ha dichiarato Christina ai giornalisti, riferendosi al Giudice che ha seguito la sua causa di affidamento: lo odio. Se mi avesse ascoltato mio figlio sarebbe ancora vivo.

Mi auguro che sempre più persone accettino di affrontare questo argomento senza pregiudizi, arrivando a comprendere che parlare di violenza contro le donne, e del legame che c’è fra questa e gli abusi sui minori coinvolti in simili separazioni, non equivale a “demonizzare il maschile” o la paternità.

Perché è più importante tutelare la vita di bambini in carne ed ossa che un concetto astratto come la “bigenitorialità”.

Spero che parteciperete numerosi.

Mi spiace di non poterci essere.

Per approfondire:

Storia di Federico, ucciso da suo padre in un colloquio protetto

Leggi tutto... http://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2014/02/24/la-tutela-del-minore-in-ambito-protetto/