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da bet­ti­rossa

Il pezzo del Cor­riere di ieri che si sper­tica per soste­nere quant’è bello e quanto sia evo­luta la strut­tura che ospita il figlio di Mar­tina Levato è depri­mente: soste­nere che è in un bel posto “con alberi e verde intorno” come se fosse que­sto quello che serve a un neo­nato, sfiora il ridi­colo. Quando poi, sem­pre il Cor­sera, riporta la psi­co­loga che dice a chiare let­tere che un neo­nato ha biso­gno di una per­sona fissa di rife­ri­mento, di ritmi rego­lari, dell’odore e del sor­riso di chi lo accudi­sce, dicendo addi­rit­tura che se que­sto non viene garan­tito il bam­bino potrebbe avere danni irre­pa­ra­bili, il pezzo tocca il mas­simo livello di ipo­cri­sia, in quanto rife­ri­sce come essen­ziale tutto il con­tra­rio di quello che sta suc­ce­dendo a que­sto bam­bino che prima viene tolto alla madre, poi le viene per­messo di vederlo, poi le viene ritolto e adesso è in una strut­tura con figure che sicu­ra­mente non saranno di rife­ri­mento nella sua vita futura, e che quindi non pos­sono essere sta­bili, visto che ancora è da deci­dere a chi sarà affi­dato e visto che le fami­glie dei geni­tori sono pronte a dare bat­ta­glia.

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